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Senza connessione ad una attività agricola principale e senza il rispetto del principio della prevalenza, l’impianto fotovoltaico non può essere accatastato come rurale.
Lo ha deciso la CTP Ravenna con la sentenza n. 246/3/2017.
La controversia decisa dai giudici tributari romagnoli riguardava il caso di una società agricola, la quale esercitava sia attività di coltivazione del fondo (del tutto marginale) che quella di produzione di energia elettrica. Nell’anno 2015, la società presentava domanda di accatastamento come D/10 del proprio impianto fotovoltaico e, contestualmente, il rimborso ICI e IMU per i quattro anni precedenti (2011-2014).
Di fronte al diniego dell’ufficio, la società presentava ricorso, sostenendo di essere in possesso di tutti i requisiti necessari per poter considerare rurale il proprio impianto. A conferma delle proprie argomentazioni, la ricorrente richiamava anche la sentenza n. 66/2015 della Corte Costituzionale che affermava, nella ricostruzione proposta, che la produzione da fonti di energia doveva comunque ritenersi agricola senza limiti di natura quantitativa.
Di parere contrario era invece l’Ufficio, il quale, costituendosi in giudizio, sosteneva che l’interpretazione proposta dalla società non era condivisibile, in quanto l’attività agricola in senso stretto deve essere in ogni caso prevalente rispetto a quella connessa di produzione di energia.
Nella sua pronuncia, la Corte Costituzionale affermava che sotto il profilo civilistico la produzione di energia ha natura agricola quando viene svolta con l’utilizzo prevalente di risorse e attrezzature utilizzate normalmente nell’ambito dell’azienda e dell’attività agricola principale: in tal caso, il fondo viene considerato come risorsa primaria dell’impresa.
Decisiva ai fini della soluzione del caso, però, è l’analisi dell’art. 1, comma 423 della L. 266/2005: ivi si stabilisce che “la produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali, sino a 2.400.000 kWh anno, e fotovoltaiche, sino a 260.000 kWh anno, nonché di carburanti e prodotti chimici di origine agroforestale provenienti prevalentemente dal fondo, effettuate dagli imprenditori agricoli, costituiscono attività connesse ai sensi dell'articolo 2135, terzo comma, del codice civile”.
La qualificazione della produzione di energia come attività connessa si ritrova anche nella circolare 32/E/2009, in cui vengono fissati i requisiti minimi per poterla inquadrare come attività agricola.
Muovendo da tale assunto, la CTP entra poi nel merito della questione: nel caso di specie, la società produceva prevalentemente energia elettrica, mentre l’attività agricola di coltivazione del fondo era svolta in maniera minima e non continuativa, non concretizzandosi quindi nessuno dei requisiti elencati nella predetta circolare.
In base a ciò, l’attività di produzione elettrica non poteva essere qualificata come agricola e, conseguentemente, la domanda di riconoscimento della ruralità dell’impianto non poteva essere accolta, così come non si poteva dare applicazione alla richiesta di rimborso per gli anni precedenti delle imposte locali.