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La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21050 dell’11 settembre 2017, è intervenuta nuovamente al fine di fare chiarezza, in realtà senza successo, in merito al rapporto fra la normativa sulla prelazione agraria e quella inerente alla prelazione ereditaria.
Per poter correttamente analizzare la problematica è necessario individuare quelle che sono le diverse indicazioni normative, in riferimento alle varie casistiche, che si possono presentare in caso di correlazione tra prelazione agraria e prelazione ereditaria.
Come disposto dal dettato dell’art. 732 c.c., in senso generale, in caso di vendita di una quota ereditaria, al cui interno sia ricompreso un fondo rustico, la prelazione è disposta in capo ai soli coeredi in quanto l’oggetto della vendita non è in maniera univoca un fondo rustico.
Nel caso in cui, invece, avvenga la vendita di una quota del fondo rustico, che sia però parte di una eredità non ancora divisa, il diritto di prelazione compete al coltivatore diretto affittuario del fondo. In questo caso sono però necessarie alcune precisazioni:
1) qualora il venditore sia il componente di una famiglia coltivatrice, il diritto di prelazione è rimesso in capo ai componenti della famiglia coltivatrice che hanno la priorità rispetto all’affittuario del fondo;
2) qualora nessun componente della famiglia coltivatrice voglia esercitare il diritto di prelazione, questo passa al coerede del venditore che abbia però la qualifica di coltivatore diretto, che anche in questo caso ha la priorità rispetto all’affittuario del fondo;
3) solo nel caso in cui né alcun componente della famiglia coltivatrice lo eserciti, né ci sia un coerede con la qualifica di coltivatore diretto, il diritto di prelazione passa in capo all’affittuario coltivatore diretto del fondo.
La Corte di Cassazione interviene su questa delicata problematica precisando che nella prelazione di cui all’art. 732 del codice civile, il diritto del coerede prevale su quello del coltivatore diretto affittuario solo nel caso in cui il coerede stesso sia un coltivatore diretto, come stabilito dall’art. 8, ultimo comma, della legge 590/1965.
Questo assunto lascia perlomeno perplessi, infatti il richiamato art. 732 attribuisce al coerede il diritto di prelazione a prescindere dalla sua qualifica di coltivatore, inoltre, anche volendo applicare il principio espresso dai giudici di legittimità, non è chiaro se il coerede debba anche coltivare direttamente il fondo.
Altro punto controverso della decisione in esame è quello che stabilisce che, in una situazione di comunione ereditaria, se un coerede vende ad un altro coerede la propria quota di un fondo rustico, non sussiste la prelazione degli altri coeredi comproprietari, concretizzandosi una vendita sostanzialmente libera.
Ebbene, anche questo punto solleva alcune perplessità: infatti, pare strano che il coerede non coldiretto possa liberamente acquistare la quota del fondo rustico venduto da altro coerede senza subire la prelazione di altro coerede titolare della qualifica di CD.