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Ai giorni nostri, sempre maggiore è la varietà di prodotti alimentari offerti dal mercato, frutto della sperimentazione e dell’evoluzione tecnologica. Nuovi prodotti, però, richiedono un preciso inquadramento fiscale, in particolare ai fini IVA.
Con la risoluzione n. 130/E di ieri, l’Agenzia delle Entrate si è occupata della corretta applicazione dell’aliquota IVA alle cessioni di pasta a base di farina di legumi.
La società istante è una società che produce pasta alimentare a base di semola di grano duro, pasta integrale e pasta senza glutine. Al fine di ampliare la propria gamma, l’azienda intendeva avviare la produzione di un nuovo prodotto alimentare a base di farina di legumi, fabbricato secondo le tecniche produttive utilizzate per la pasta tradizionale.
Circa la corretta aliquota IVA applicabile, la società contribuente sosteneva che, in forza delle indicazioni fornite dall’Agenzia con le risoluzioni 89/E/2005, 82/E/2003 e 125/E/2003, anche la cessione del prodotto indicato poteva essere assoggettata all’aliquota IVA ridotta del 4%.
In senso conforme si è nuovamente espressa l’Agenzia, confermando come corretta l’impostazione proposta dalla società di produzione.
Infatti, secondo quanto affermato dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli con la nota 31974 del 15 marzo 2017 la pasta prodotta con farina di legumi può essere classificata nell’ambito del capitolo 19 della Tariffa Doganale “Preparazione a base di cereali, di farine, di amidi, di fecole o di latte; prodotti della pasticceria”: in particolare il corretto inquadramento può essere fatto alla sottovoce 190219 “Paste alimentari non cotte né farcite né altrimenti preparate – altre”.
Tale convincimento deriva dalle note esplicative del sistema armonizzato, il quale precisa che “le paste alimentari di questa voce sono prodotti non fermentati, fabbricate con semole o farine di grano, granoturco, riso, patate, ecc. Queste semole o farine (o loro miscugli) sono dapprima mescolate con acqua e impastate in modo da ottenere una pasta in cui possono ugualmente essere incorporati altri ingredienti (per esempio, ortaggi finemente tritati, sughi o puree di ortaggi, uova, latte, glutine, diastasi, vitamine, coloranti, aromatizzanti). La pasta è successivamente lavorata (per esempio, per trafilatura e taglio) dandole forme specifiche e prestabilite (conchiglie, granuli, stelle, gomiti, tubi). I prodotti sono generalmente essiccati prima di essere messi in vendita”.
Secondo l’Agenzia, la riconduzione del prodotto in esame all’interno della richiamata sottovoce 190219 della nomenclatura doganale consente di inquadrarlo, ai fini IVA, nella voce “paste alimentari” di cui al numero 15 della Tabella A, Parte II del DPR 633/1972”.
Pertanto, l’aliquota IVA applicabile alle cessioni di paste a base di farine di legumi è quella ridotta del 4%.
Con questo chiarimento ufficiale, l’Agenzia ha allineato la sua interpretazione alle precedenti risoluzioni (89/E/2005, 82/E/2003 e 125/E/2003) relative a:
- paste a base di farina di farro e a base di semola di kamut;
- paste senza glutine a base di mais, di riso, o mais e riso insieme;
- paste a base di amido di mais o fecola di patate,
per cui si era parimenti sostenuta l’applicabilità dell’aliquota IVA ridotta del 4%.