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La materia della PPC e delle relative agevolazioni è una di quelle che, negli ultimi anni, sta generando più contenzioso all’interno delle Commissioni tributarie.
Uno dei casi che, nell’ultimo periodo, è stato più volte oggetto di controversia è quello relativo all’acquisto del terreno agricolo già affittato. In tale situazione, infatti, un coltivatore diretto o IAP acquista la proprietà di un fondo rustico già concesso in godimento ad un soggetto terzo, usufruendo delle agevolazioni fiscali previste per l’accorpamento della piccola proprietà contadina (imposta di registro ed ipotecaria in misura fissa di 200 euro, imposta catastale all’1% ed esenzione dall’imposta di bollo).
Nella situazione prospettata, dopo qualche tempo, al soggetto acquirente viene generalmente contestata la decadenza dagli sconti fiscali goduti, in quanto integrata una delle cause di decadenza di cui all’art. 2, comma 4-bis del D.L. 194/2009, il quale prevede che decadono dalle agevolazioni coloro che, prima che siano trascorsi cinque anni dalla stipula degli atti, alienino volontariamente i terreni ovvero cessino di coltivarli o di condurli direttamente. Ed è proprio quest’ultima fattispecie l’oggetto della discussione.
Sulla questione, si stanno sedimentando due orientamenti giurisprudenziali di segno diametralmente opposto. L’ultima decisione in materia è la sentenza n. 1389/04/17 della CTR Piemonte, la quale ha sostenuto che, se la coltivazione del fondo non è mai iniziata ed è impedita dall’esistenza di un contratto di affitto a favore di un terzo, non c’è decadenza dalle agevolazioni PPC.
I giudici di appello, dopo il parziale accoglimento delle doglianze della contribuente in primo grado (secondo la CTP l’occupazione iniziale comportava uno slittamento in avanti del termine di decadenza quinquennale), hanno fatto proprie le tesi della proprietaria in secondo grado.
La CTR ha infatti affermato che la finalità del richiamato comma 4-bis consiste nel favorire IAP e CD nell’acquisto di terreni coltivabili da destinare alla diretta coltivazione e che l’applicazione delle cause di decadenza, pur necessitando di una interpretazione rigida, doveva ritenersi impossibile. Infatti, il terreno acquistato in PPC non era stato alienato né era cessata la coltivazione su di esso, non essendo, di fatto, mai iniziata.
Semplicemente, secondo i giudici regionali, il tardivo inizio dell’attività di coltivazione era dovuto ad una circostanza precedente rispetto alla stipula del contratto di affitto, non addebitabile alla volontà del nuovo proprietario. Pertanto, la mancata coltivazione diretta del fondo era da ritenersi causata da una sorta di forza maggiore che, quindi, faceva salve le agevolazioni fiscali in capo all’acquirente.
Come rilevato dalla CTR, infatti, pare difficile pensare che l’agevolazione in commento sia pensata solo per terreni agricoli liberi, in quanto ciò potrebbe essere addirittura incostituzionale: l’obiettivo della disciplina PPC risiede nel desiderio di agevolare l’acquisto del fondo da parte dell’operatore agricolo.
L’orientamento poc’anzi menzionato, però, pare decisamente minoritario: in giurisprudenza, infatti, ci sono già importanti precedenti giurisprudenziali, anche della Cassazione, che hanno affermato che, nel caso di acquisto di un terreno agricolo già concesso in affitto ad un terzo, le agevolazioni PPC non spettano ab origine, stante il mancato rispetto del requisito della coltivazione diretta del fondo (Cass. ord. n. 10100/2017).