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L’imprenditore agricolo professionale (IAP) non può beneficiare delle agevolazioni fiscali previste per l’accorpamento della piccola proprietà contadina se, in ossequio a quanto previsto dalla L. 604/1954 (vecchia PPC), non presenta il certificato IAP definitivo entro il termine triennale stabilito dalla norma.
Ciò è stato ribadito dalla Corte di Cassazione che, con l’ordinanza n. 117/2018, si è pronunciata sul tema, svolgendo alcune interessanti considerazioni circa gli obblighi dell’agricoltore al fine di vedersi riconosciuti gli sconti fiscali.
Origine della controversia tra Fisco e contribuente era stato l’invio di un avviso di liquidazione, con cui l’Agenzia delle Entrate chiedeva il recupero della maggiore imposta di registro spettante a seguito del disconoscimento dei benefici per la piccola proprietà contadina, a causa della mancata presentazione del certificato definitivo IAP entro il termine triennale previsto dalla norma.
Il contribuente impugnava tale avviso, incolpando del ritardo gli uffici competenti al rilascio del certificato, i quali, secondo l’agricoltore, erano rimasti inerti nonostante le richieste. Inoltre, sosteneva la parte ricorrente, i requisiti di fatto erano soddisfatti: pertanto, i benefici dovevano essere riconosciuti.
Nei primi due gradi di giudizio, le Commissioni Tributarie accoglievano le ragioni del contribuente, privilegiando un’interpretazione di tipo sostanzialistico. In senso opposto, però, si è espressa la Corte di Cassazione.
Secondo i giudici di legittimità, infatti, la CTR aveva fondato la sua decisione sulla base dell’erroneo presupposto di poter riscontrare direttamente, in assenza della necessaria certificazione, le caratteristiche necessarie al riconoscimento della qualifica di IAP.
In altri casi, infatti, la Cassazione aveva ammesso la possibilità, in capo ai giudici tributari, di rilevare l’esistenza dei requisiti per il riconoscimento della qualifica laddove l’Ispettorato agrario non si fosse attivato, nonostante la tempestiva richiesta dell’interessato.
Per poter richiedere l’intervento ricognitorio dei giudici, però, il contribuente deve provare di aver diligentemente agito per ottenere la certificazione. Non solo presentando nei termini l’apposita domanda, ma anche seguendo attivamente tutto l’iter della pratica, producendo prontamente anche eventuali ulteriori documenti necessari.
Nel caso in esame, invece, l’inerzia dell’Ufficio non era stata puntualmente provata, così come non risultava provato quell’ulteriore livello di partecipazione dell’interessato richiesta per poter addebitare all’ente certificatore la mancata presentazione nei termini del certificato. Pertanto, esso doveva essere presentato entro i tre anni previsti dalla legge.
Con questa pronuncia, la Cassazione ha adottato una posizione estremamente restrittiva e formalistica. Nel caso analizzato, infatti, il possesso di tali requisiti da parte dell’agricoltore risultava incontestato. Tuttavia, la mancata presentazione del certificato entro il termine triennale è elemento sufficiente per la decadenza delle agevolazioni PPC, a prescindere dalle condizioni di fatto esistenti.