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È stato uno dei temi che ha creato maggiore contenzioso nella storia recente della fiscalità in agricoltura, un contenzioso i cui sviluppi sono ancora in corso, con numerosi casi ancora oggetto di controversia in tutti e tre i gradi di giudizio previsti dall’ordinamento italiano.
Quella relativa ai fabbricati rurali e alla loro imponibilità ai fini ICI è una partita lunga e complessa, su cui la Cassazione ha però assunto una posizione ormai consolidata: l’ultima decisione con cui è stato rinverdito tale orientamento è l’ordinanza n. 9752/2018 della Corte di Cassazione.
Nel caso oggetto di controversia, una cooperativa agricola aveva presentato domanda per l’accatastamento di un capannone come D/10 il 30 settembre 2011. Successivamente, il Comune presentava avviso di accertamento per il recupero dell’ICI non versata, contestando la retroattività dell’esenzione per gli anni dal 2005 al 2011, in quanto la richiesta di accatastamento era stata messa in atti solo successivamente, il 06/10/2011.
La disciplina ICI prevedeva un’esenzione dall’imposta sia per i fabbricati rurali abitativi che per quelli strumentali all’attività agricola. La disciplina dell’art. 7, comma 2-bis del D.L. 70/2011 stabiliva che l’attribuzione della ruralità dei fabbricati doveva essere effettuata tramite l’apposita procedura entro il 30 settembre 2011. Per le domande presentate entro tale termine, l’attribuzione della categoria A/6 (per gli abitativi) o D/10 (fabbricati rurali strumentali) veniva attribuita anche per i cinque anni precedenti a quello di presentazione della domanda.
In base a tale norma, però, non era chiaro se, ai fini dell’applicazione dell’agevolazione fiscale, la valutazione della ruralità dovesse essere svolta in concreto, in relazione alla reale destinazione del bene, o se fosse più opportuno prendere come riferimento la categoria catastale dell’immobile.
Sul punto, come detto, la Cassazione ha, negli anni, consolidato una posizione piuttosto costante: la ruralità dei fabbricati, ai fini dell’accesso all’esenzione ICI, è valutata solo sulla base delle risultanze catastali. Pertanto, se non accatastati come A/6 o D/10, i fabbricati scontano l’imposta pienamente, seppur destinati ad utilizzi agricoli.
Come detto, con l’ordinanza n. 9752/2018, la Cassazione è tornata ad affrontare la questione: gli Ermellini hanno affermato che, per gli anni 2006-2011, la cooperativa aveva diritto di accedere all’esenzione se la procedura era stata perfezionata nei tempi (entro il 30/09/2011) e nei modi richiesti dalla disciplina. Ma tale questione, controversa nel caso in esame, viene devoluta al giudice del rinvio. Al contrario, rilevano i giudici di legittimità, l’annata 2005 resta al di fuori del quinquennio previsto dal D.L. 70/2011: pertanto, le imposte sono dovute.
Concludendo, si ribadisce che per valutare la ruralità dei fabbricati occorre sempre far riferimento all’accatastamento: se il contribuente vuole accedere agli sconti fiscali, è suo onere impugnare l’atto di classamento laddove ritenga rurale un terreno non accatastato come A/6 o D/10. Lo stesso, al contrario, vale per il Comune che voglia legittimamente pretendere l’assoggettamento ad ICI dell’immobile accatastato nelle predette categorie: è necessario impugnare l’accatastamento.
Infine, va ricordato che l’ICI non è più dovuta dal 1° gennaio 2012 essendo stata sostituita dall’IMU; tuttavia, vista l’assimilabilità delle due discipline, i principi espressi per l’imposta comunale possono largamente essere utilizzati anche per orientare il comportamento di enti locali e contribuenti ai fini IMU.