I redditi derivanti dalla produzione di energia elettrica da impianti fotovoltaici possono essere ricondotti all’interno del reddito agrario secondo le modalità di cui all’art. 32 del TUIR, purché tale attività sia effettivamente svolta in connessione con un’altra attività agricola principale (coltivazione, silvicoltura e allevamento di animali).
In caso contrario, tale attività di produzione di energia deve ritenersi meramente produttiva di redditi di impresa ex art. 56 del TUIR.
Questo è il contenuto dell’interessante sentenza n. 92/2018 pronunciata dalla CTP di Reggio Emilia.
Il caso
La controversia nasceva a seguito di due avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di un contribuente, il quale aveva installato un impianto fotovoltaico su un terreno agricolo, che doveva essere coltivato a lavanda.
In forza di ciò, il proprietario aveva dichiarato ai fini IRPEF i soli redditi agrari, mentre l’Ufficio richiedeva il recupero delle maggiori imposte non versate. Avverso il ricorso del contribuente, l’Agenzia rispondeva utilizzando numerosi argomenti necessari per sostenere le proprie tesi:
- il contribuente si era iscritto al Registro Imprese come imprenditore agricolo a titolo principale, pur non essendo titolare di tale qualifica;
- il contribuente si era iscritto all’interno del portale GSE dichiarando di essere titolare di reddito di impresa;
- i pannelli fotovoltaici sarebbero stati montati su una struttura necessaria all’ombreggiatura del terreno, la quale non sarebbe richiesta per la coltivazione della lavanda che, anzi, richiede una costante esposizione al sole;
- nel primo anno oggetto di contestazione, l’agricoltore avrebbe investito quasi 700.000 euro per la costituzione del parco solare, senza avere sostenuto nessun costo né aver ottenuto alcun provento dall’attività principale di coltivazione della lavanda;
- nel secondo anno oggetto di contestazione, nei fatti, l’intero fatturato aziendale ruotava attorno all’attività di produzione di energia, mentre l’unica vendita di lavanda era stata effettuata ad un privato senza ulteriori tracce dell’operazione.
La decisione
Chiamati a pronunciarsi sulla controversia, i giudici emiliani hanno accolto pienamente le tesi dell’Agenzia.
Dopo aver fatto una breve carrellata normativa richiamando l’art. 32 del TUIR e l’art. 1, comma 423 della L. 266/2005, la CTP ha evidenziato come la tassazione del reddito su base catastale delle attività di produzione di energia fotovoltaica è possibile soltanto all’interno della franchigia 260.000 kWh all’anno.
Nel caso in esame, però, secondo la Commissione, anche a prescindere dal rispetto del requisito tecnico della prevalenza che per il fotovoltaico non è espressamente richiesto dalla normativa, l’attività di produzione di energia risultava totalmente svincolata dall’attività agricola principale che era priva di una propria finalità economica (salvo una cessione ad un privato, l’attività non aveva fatto registrare operazioni attive o passive) ed era evidentemente stata avviata dopo la realizzazione dell’impianto al solo fine di giustificare l’inquadramento in agricoltura dell’attività di produzione di energia.
L’insignificante volume d’affari dell’attività di coltivazione e la scarsa compatibilità della coltura con il parco solare installato hanno portato i giudici a ritenere che il terreno coltivato a lavanda fosse una mera copertura necessaria per giustificare l’esistenza dell’impianto fotovoltaico e ricondurne i relativi ricavi all’interno del reddito agrario.
Alla luce di tali considerazioni la CTP ha riconosciuto come simulata l’attività agricola principale e, conseguentemente, non ha considerato connessa l’attività di produzione di energia da fonte fotovoltaica, i cui proventi sono stati esclusi dalla determinazione del reddito su base catastale ed assoggettati alla disciplina del reddito di impresa di cui all’art. 56 del TUIR (costi/ricavi).
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