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La presunzione di non fabbricabilità ai fini ICI può essere applicata a tutti i comproprietari di un’area edificabile anche se a condurre il terreno è solo uno di essi in possesso della qualifica di coltivatore diretto.
Lo ha ribadito la Cassazione nella sentenza 17337/2018, evidenziando che la natura agricola del bene ha carattere oggettivo e quindi vale per tutti i comproprietari, indipendentemente dai loro requisiti soggettivi o dal fatto che alcuni di essi non conducano direttamente il terreno potenzialmente edificabile.
La controversia posta all’attenzione della Cassazione e riguarda un accertamento ICI dell’anno 2004 riferito ad un terreno edificabile, dal quale era emerso l’utilizzo per fini agricoli di un solo comproprietario del fondo (diverso dal ricorrente), il quale lo conduceva in qualità di coltivatore diretto, pertanto al comproprietario “non conduttore” era stato richiesto il pagamento dell’imposta comunale sulla base del valore dell’area edificabile e non su base catastale.
Secondo i ricorrenti la finzione giuridica per la quale ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. b del D.Lgs 504/92 sono considerati in ogni caso non fabbricabili i terreni posseduti (a titolo di piena proprietà o altro diritto reale di godimento) e condotti da CD o IAP, sui quali persiste l’utilizzazione agro-silvo-pastorale, doveva essere riconosciuta esclusivamente al comproprietario che conduceva direttamente il terreno e non anche agli altri comproprietari.
I giudici, richiamando i principi già espressi in altre sentenze (Cass. 25/05/2017 n. 13261, 30/06/2010 n. 15566, ecc.), hanno ribadito che “in tema di agevolazioni ai fini ICI, la qualità agricola di un terreno, pur potenzialmente edificabile, posseduto e condotto da uno dei comproprietari avente i requisiti soggettivi ed oggettivi di cui agli artt.2, comma 1, lett. b), e 9, comma 1, del D.Lgs. n. 504 del 1992, trova applicazione anche a favore degli altri comproprietari che non esercitino sul fondo l’attività agricola, in quanto la destinazione di un’area è incompatibile con la possibilità dello sfruttamento edilizio della stessa”.
L’effettivo utilizzo per usi agricoli dell’area, ricorrendo le condizioni di possesso e conduzione da parte di un CD o IAP, determina un utilizzo incompatibile per gli usi edilizi anche per gli altri comproprietari.
I giudici hanno inoltre precisato che le motivazioni addotte non sono incompatibili con diversi orientamenti espressi in precedenza, in quanto le casistiche poste all’attenzione della Cassazione erano diverse (comodati al figlio, o l’affitto a terzi).
La coltivazione diretta del comproprietario prevede che egli possa servirsi della cosa comune nei limiti dell’art. 1102 del codice civile, anche nell’interesse di tutti gli altri comproprietari, non essendo essenziale il fatto che i comunisti abbiano regolato i loro rapporti per via negoziale, per mezzo, ad esempio, di un contratto di affitto.
La Corte a tal proposito è estremamente chiara: "...ogni qualvolta sia stabilito uno sfruttamento “turnario” ovvero esclusivo a tempo determinato, col consenso unanime dei comunisti, si realizza un accordo con efficacia obbligatoria, che, nel corso della sua esecuzione, comporta per il comunista assegnatario l’esclusiva disponibilità del bene, senza interferenza degli altri comunisti concedenti, ma pur sempre nel rispetto della cosa”.
La sentenza espressa dalla Cassazione rafforza un ormai consolidato orientamento della giurisprudenza che, a questo punto, dovrebbe essere recepito su tutto il territorio nazionale.