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Entro il mese di luglio, in molti comuni italiani i contribuenti pagheranno il secondo acconto della tassa sui rifiuti.
Il tributo, pur se soggetto a potestà comunale in ordine all’applicazione delle tariffe ed all’inquadramento delle attività svolte, generalmente prevede un pagamento in tre rate che possono essere pagate tramite F24, bollettino postale o MAV.
Le attività agrituristiche spesso non vengono disciplinate in maniera specifica nei regolamenti comunali e sono ingiustamente equiparate alle attività alberghiere, con conseguente applicazione delle tariffe ad esse riservate.
Per definire l’attività agrituristica occorre fare riferimento all’articolo 2 della legge 96/2006, il quale prevede le attività di ricezione e ospitalità esercitate dagli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile, attraverso l’utilizzazione della propria azienda in rapporto di connessione con le attività di coltivazione del fondo, di silvicoltura e di allevamento di animali.
Sempre in base alla legge 96/2006, rientrano fra le attività agrituristiche:
Che l’attività agrituristica, nei locali adibiti all’ospitalità o alla somministrazione dei pasti possa generare rifiuti è fuor da ogni dubbio. Ciò che in taluni casi stride, è il fatto che queste attività possono essere equiparate agli alberghi in termini di tariffa applicabile. Infatti, essendo un’attività connessa a quella agricola ha caratteristiche specifiche che ne limitano enormemente le potenzialità rispetto ad una comune attività alberghiera.
Si ritiene, quindi, che l’agriturismo necessiti di parametri ad hoc per la determinazione del tributo, che tengano conto delle peculiarità di tale attività e non solo delle superfici utilizzate.
Sono frequenti i casi in cui gli immobili adibiti ad attività agrituristica siano “recuperati” dal restauro di fabbricati rurali con ulteriori vincoli in termini di accoglienza e di utilizzo. Pertanto, il rapporto superficie/rifiuto prodotto non è applicabile al pari di un’attività alberghiera.
Allo stesso modo, in particolare nelle aziende di piccole dimensioni, capita che l’attività agrituristica sia condizionata dagli impegni che l’imprenditore ed i propri collaboratori prevedono nell’attività agricola principale, determinando una volontaria e/o opportuna riduzione dell’attività agrituristica (stagionalità).
Infine, la raccolta differenziata permette il recupero del rifiuto c.d. “umido” attraverso il compostaggio direttamente in campo.
Alcune amministrazioni comunali, sensibili al problema, hanno introdotto nei propri regolamenti delle misure specifiche per il settore, consentendo un distinguo rispetto alle attività alberghiere.
L’orientamento ormai diffuso della giurisprudenza è che l’attività agrituristica produce rifiuti non di tipo domestico, pertanto per tali attività non sono applicabili tariffe o esenzioni relative alle utenze domestiche dei fabbricati urbani o rurali. Le tariffe però devono prevedere le opportune riduzioni in base al principio comunitario “ chi inquina paga” (TAR Lombardia Sent. 628/2015).
Recentemente anche la commissione tributaria di Piacenza ha affermato che gli agriturismi, in mancanza di una specifica categoria tariffaria, devono essere inquadrati nella categoria degli alberghi con ristorante applicando la riduzione per uso non continuativo (CTP Piacenza, sent. 22 del 08/02/2018).
Riteniamo opportuno evidenziare che vi sono anche orientamenti molto diversi. Infatti, la CTR regionale di Genova (sent.165 del 07/09/2009) ha invece ritenuto che l’attività agrituristica debba godere delle stesse agevolazioni previste per le aziende agricole, disconoscendo al comune la possibilità di assimilarle all’attività alberghiera.
Al fine di fornire un orientamento unitario alle stesse amministrazioni locali, sarebbe opportuno un intervento del legislatore.