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Il reddito di cittadinanza rappresenta un’importante opportunità per i cittadini meno abbienti, che, magari, hanno anche problemi all’entrata in un mercato del lavoro spietato e ipercompetitivo.
Tuttavia, negli ultimi mesi, i numerosi controlli effettuati dagli ispettori del lavoro hanno evidenziato una, tanto prevedibile quanto deprecabile, proliferazione di abusi e irregolarità su tutto il territorio nazionale, a cui sono seguite sanzioni a pioggia.
Per provare a fare chiarezza sulla materia, l’INL ha recentemente pubblicato la circolare n. 8/2019, con cui ha puntualizzato alcuni aspetti decisivi nel contrasto ai fenomeni abusivi connessi al nuovo istituto del reddito di cittadinanza.
Il primo profilo che la circolare dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro affronta è quello relativo all’impianto sanzionatorio e, in particolare, alle diverse fattispecie di reato che possono essere originate dal mancato rispetto della disciplina relativa al godimento del reddito di cittadinanza.
Infatti, al cittadino che svolge un’illegittima attività lavorativa durante il periodo di percezione del contributo, possono essere effettuate due diverse contestazioni, entrambe di carattere penale:
La sostanziale differenza tra le due fattispecie di reato riguarda il momento in cui si produce la condotta rilevante: nel primo caso, la violazione avviene precedentemente alla fase di presentazione della domanda di fruizione del reddito di cittadinanza; nel secondo caso, invece, il reato si configura in un momento successivo alla concessione del beneficio.
Il D.L. n. 4/2019 enuncia inoltre diverse ipotesi di decadenza, sospensione o revoca del reddito di cittadinanza in presenza di determinate condizioni.
Tra queste, menzione particolare merita la previsione dell’art. 7, comma 5, lettera h), il quale dispone la decadenza dal beneficio quando uno dei componenti del nucleo familiare “viene trovato, nel corso delle attività ispettive svolte dalle competenti autorità, intento a svolgere attività di lavoro dipendente o di collaborazione coordinata e continuativa in assenza delle comunicazioni obbligatorie di cui all'articolo 9-bis del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, ovvero altre attività di lavoro autonomo o di impresa, in assenza delle comunicazioni di cui all’articolo 3, comma 9”, le quali sono da effettuare entro 30 giorni dall’inizio dell’attività, anche quando essa sia di impresa o di lavoro autonomo.
Un caso di revoca del beneficio, invece, si ha quando intervenga una sentenza di condanna in via definitiva o di applicazione della pena su richiesta delle parti per una delle già citate fattispecie di reato di cui all’art. 7, commi 1-2 del D.L. n. 4/2019.
In tali casi, accanto alla pena detentiva, l’INPS deve disporre l’immediata revoca del reddito di cittadinanza, revoca che deve avere efficacia retroattiva e la restituzione di quanto indebitamente percepito. La revoca è altresì disposta dall’INPS con efficacia retroattiva quando si “accerta la non corrispondenza al vero delle dichiarazioni e delle informazioni poste a fondamento dell’istanza ovvero l’omessa successiva comunicazione di qualsiasi intervenuta variazione del reddito, del patrimonio e della composizione del nucleo familiare dell’istante”.
L’ultimo aspetto analizzato dalla circolare n. 8/2019 dell’INL riguarda l’aggravante prevista dall’art. 7, comma 15-bis, il quale prevede l’applicazione, anche nel caso di impiego di lavoratori beneficiari del reddito di cittadinanza, dell’aumento del 20% delle maxisanzioni previste dall’art. 3, comma 3-quater del D.L. n. 12/2002.
In merito, l’Ispettorato del Lavoro precisa che tale illecito non è diffidabile e, pertanto, ai fini della revoca del provvedimento di sospensione dell’attività previsto dall’art. 14 del D. Lgs. n. 81/2008, il datore di lavoro dovrà procedere alla regolarizzazione amministrativa e contributiva del periodo lavorativo in nero accertato: ciò dovrà quindi avvenire tramite l’assunzione diretta del lavoratore beneficiario del reddito di cittadinanza.
Concludendo, quindi, non si può che mettere in guardia lavoratori e datori: chi percepisce il reddito di cittadinanza non può svolgere una contemporanea attività lavorativa. Per chi non rispetta i vincoli previsti dalla legge, i rischi sono enormi.