Con il DPCM del 22 marzo 2020 sono state disposte misure per contenere la diffusione del COVID-19 negli ambienti di lavoro, tra cui la sospensione di molte attività industriali e commerciali.
A distanza di un mese da tale provvedimento si sta programmando una graduale riapertura, meticolosamente pianificata, a condizione che venga garantita la sicurezza dei lavoratori.
È evidente che la posizione di garanzia gravante sul datore di lavoro è, ora più che mai, di grande responsabilità poiché l’imprenditore, ai sensi dell'art. 2087 c.c., deve “adottare nell'esercizio dell'impresa le misure necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.
Pertanto, considerando le disposizioni in materia di tutela dei lavoratori, il datore di lavoro che non rispetta le norme previste incorre in:
- esborsi economici notevoli;
- condanne penali.
Esborsi economici
Ai sensi di quanto previsto dal D.Lgs. 81/2008, il datore di lavoro ha, tra gli altri, l’obbligo di:
- effettuare la valutazione dei rischi derivanti dall'esposizione agli agenti biologici presenti nell'ambiente;
- sentito il RSPP e il medico competente, fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale;
- richiedere l'osservanza, da parte dei singoli lavoratori, delle norme e delle disposizioni aziendali in materia di salute, sicurezza e igiene sul lavoro, nonché l'uso dei mezzi di protezione a loro disposizione;
- informare i lavoratori dei rischi e delle disposizioni adottate.
La mancata osservanza di tali disposizioni genera la colpa specifica dell’imprenditore e quindi, a prescindere dalle lesioni o dalla morte del lavoratore, vengono integrate delle fattispecie contravvenzionali, punite con la pena dell'arresto o dell'ammenda, che implicano un rischio di esborsi consistenti per le casse dell'azienda.
Condanna penale
Stando a quanto previsto dal D.L. 18/2020, il contagio in azienda viene considerato alla stregua di un infortunio sul lavoro e, infatti, la disposizione in esame dispone che, “nei casi accertati di infezione da coronavirus (...) in occasione di lavoro, il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all'Inail”.
Pertanto, in caso di contagio da COVID-19 di un dipendente, da cui ne derivi la malattia o addirittura la morte, il datore di lavoro che non ha adottato le misure necessarie potrà incorrere nella responsabilità penale per i seguenti reati:
- lesioni personali gravi-gravissime (art. 590 c.p.),
- omicidio colposo (589 c.p.)
aggravati dalla violazione delle norme antinfortunistiche per la quale, nel caso di decesso del lavoratore, sono previsti sette anni di reclusione.
Cosa è opportuno fare?
Una volta che il Governo concederà il via libera a riprendere le attività, gli imprenditori dovranno attrezzarsi nell’ottica di preservare i lavoratori dipendenti dalle possibilità di contagio e, pertanto, bisognerà imporre stringenti prescrizioni e cautele, così come definite anche nel protocollo sottoscritto dalle organizzazioni sindacali e datoriali.
Ad oggi, stando anche a quanto previsto nel suddetto documento, le attività potranno continuare solo a condizione che:
- siano assicurati ai lavoratori adeguati livelli di protezione;
- vengano rispettate le misure di contenimento quali la distanza interpersonale tra i lavoratori e l'adozione dei dispositivi di sicurezza.
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