Con il Messaggio n. 2584 del 2020, l’INPS ha chiarito che, per i lavoratori dipendenti, la quarantena per Coronavirus non va a contribuire alla formazione del periodo di comporto, specificando che tali dipendenti appartengono al settore privato.
La Circolare, in particolare, sottolinea che il periodo trascorso in malattia, in quarantena con sorveglianza attiva ovvero in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva, da parte dei dipendenti pubblici per infezione da COVID-19, è equiparato al periodo di ricovero ospedaliero, ai sensi della disciplina dell’articolo 71, comma 1, del Decreto Legge (poi convertito) n. 112/2008, con esclusione dei lavoratori iscritti alla gestione separata.
Ai lavoratori aventi diritto alla tutela previdenziale della malattia a carico dell’Istituto, viene riconosciuta:
- l’indennità economica previdenziale, sulla base del settore aziendale e della qualifica del lavoratore;
- l’eventuale integrazione retributiva dovuta dal datore di lavoro, secondo gli specifici contratti di riferimento (con la conseguente copertura contributiva).
Tali periodi non sono da computare per il raggiungimento del limite massimo previsto per il comporto nell’ambito del rapporto di lavoro.
Per attestare il periodo di quarantena, il lavoratore deve produrre il certificato di malattia in cui il medico curante indicherà gli estremi del provvedimento emesso dall’operatore di sanità pubblica, redatto sin dal primo giorno di malattia, in modalità telematica, ossia:
- numero di protocollo;
- dati della struttura di sanità pubblica che ha emesso il provvedimento;
- data di redazione;
- periodo di sorveglianza prescritto;
- PUC del certificato.
Nel caso in cui, al momento del rilascio del certificato, il medico non conosca gli estremi del provvedimento, questi verranno acquisiti direttamente dal lavoratore interessato presso l’operatore di sanità pubblica e comunicati successivamente all’INPS, mediante posta ordinaria o PEC.
Nei casi residuali di certificato emesso in modalità cartacea, lo stesso dovrà essere trasmesso all’INPS nel termine dei due giorni previsti dalla normativa di riferimento.
Nell’allegato del Messaggio 2584/2020 è stato precisato che, in attesa dell’integrazione da parte del lavoratore, il certificato pervenuto all’Istituto verrà considerato sospeso, mediante apposizione del codice di anomalia generica (anomalia A).
Il messaggio dell’INPS introduce anche un periodo transitorio, precisando che vengono considerati validi, per il riconoscimento dell’indennità:
- i certificati medici prodotti anche in assenza del prescritto provvedimento dell’operatore di sanità pubblica;
- i provvedimenti emessi dall’operatore di sanità pubblica presentati dai lavoratori, anche in assenza dei certificati di malattia redatti dai medici curanti.
Per i lavoratori dei settori privato e pubblico, in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità (art. 3, comma 3, della Legge n. 104 del 1992) o in possesso del riconoscimento di disabilità (art. 3, comma 1, della Legge n. 104 del 1992), il periodo di assenza dal servizio debitamente certificato, fino al termine del 31 luglio 2020, è equiparato a degenza ospedaliera.
Il lavoratore deve farsi rilasciare la certificazione di malattia dal proprio medico curante nelle consuete modalità, garantendo, in tal modo, l’avvio del procedimento per il riconoscimento della prestazione equiparata alla degenza ospedaliera.
In questo caso, è prevista una decurtazione ai 2/5 della normale indennità, qualora non vi siano familiari a carico e che il termine massimo previsto per la trasmissione della certificazione eventualmente prodotta in modalità cartacea, sia pari all’anno di prescrizione della prestazione.
©RIPRODUZIONE RISERVATA