Il Decreto “Cura Italia” (D.L. 17 marzo 2020 n. 18, convertito nella Legge n. 27/2020) presenta una serie di interventi volti ad attutire l’impatto shock dell’emergenza sanitaria COVID-19.
L’art. 46 del Decreto aveva previsto il divieto di licenziamento e la sospensione delle procedure di licenziamento collettivo, con decorrenza dal 17 marzo 2020.
La validità di tale disposizione era, inizialmente, di sessanta giorni (sino al 17 maggio 2020), successivamente modificata dall’art. 80 del D.L. n. 34/2020 (Decreto “Rilancio”) che ha prorogato fino al 17 agosto 2020 il divieto dei licenziamenti collettivi e per GMO (giustificato motivo oggettivo).
Il Decreto Rilancio dà, inoltre, la possibilità al datore di lavoro di revocare i licenziamenti, sia collettivi sia individuali, per giustificato motivo oggettivo effettuati nel periodo 23 febbraio - 17 marzo 2020, purché sia stata presentata la richiesta di cassa integrazione salariale, mentre in caso di recesso con contestuale riassunzione per effetto di subentro di un nuovo appaltatore in forza di legge, rimane escluso dai divieti di licenziamento precedentemente esposti. In particolare, nel caso in cui si tratti di revoca del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il rapporto si intende ripristinato senza soluzione di continuità, senza oneri o sanzioni per il datore di lavoro.
Resta sottinteso che, tramite l’art. 80, il divieto di proseguire con procedure di licenziamento collettivo, avviate successivamente al 23 febbraio e non ancora terminate alla data del 17 marzo 2020, blocca e sospende tali protocolli sino al 16 agosto 2020. Allo stesso modo, il divieto di procedere al licenziamento per giustificato motivo oggettivo (art. 3 Legge n. 604/1966) risulta prorogato fino alla data del 16 agosto 2020, così come le procedure in corso non ancora concluse al 17 marzo (sul licenziamento collettivo).
Rimane qualche dubbio circa la retroattività della norma, poiché il divieto aveva efficacia fino al 16 maggio 2020 compreso, mentre il Decreto Rilancio è entrato in vigore il 19 maggio 2020. Pertanto, si attendono chiarimenti dagli organi competenti sulla questione.
Inoltre, nella nota n. 298 del 24 giugno 2020, l’INL (Ispettorato Nazionale del Lavoro) ha puntualizzato che vengono inclusi nel divieto di licenziamento anche i licenziamenti per inidoneità fisica sopravvenuta alla mansione. L’obiettivo del legislatore è quello di tutelare i lavoratori che vengono licenziati per giustificato motivo oggettivo. Poiché nei casi di licenziamento per sopravvenuta inidoneità alla mansione viene richiesta una “prova” che il datore di lavoro deve fornire riguardo all’impossibilità di ricollocare il lavoratore (il cosiddetto “ripescaggio”), tale causale rientra all’interno del divieto.
L’avvicinarsi del 17 agosto impone al Governo inevitabili valutazioni sul da farsi, per questo motivo aziende e consulenti sono in attesa di conoscere quale sarà l’indirizzo che il legislatore vorrà prendere nel merito della possibilità o meno di proroga del divieto di licenziamento.
Andrea Fiumi, consulente del lavoro
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