Nei contratti di appalto, compresa l’ipotesi del subappalto, il legislatore ha previsto la responsabilità solidale del committente per i debiti retributivi e contributivi, vantati dai lavoratori dipendenti, nei confronti dei datori di lavoro appaltatori e subappaltatori.
Anche nel settore agricolo, i contratti di appalto sono sempre più frequenti (ad esempio: servizi di pulizia, sanificazione, lavorazioni di terzi, ecc.). Pertanto, le imprese, nella valutazione in merito all’opportunità di concedere in appalto il compimento di un’opera o di un servizio, devono tenere in considerazione tale aspetto. Pertanto, oltre alla valutazione economica dell’intervento, l’impresa deve tutelarsi verificando la solidità dell’impresa e la regolarità nel pagamento degli oneri previdenziali.
Ai sensi dell’articolo 29, comma 2, del D.Lgs. 276/2003, “in caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell'inadempimento”.
In forza di questa disposizione, qualora il lavoratore non formalizzi nell’arco di due anni la richiesta al committente, decade dal diritto di poter ottenere il pagamento delle somme non corrisposte dal proprio datore di lavoro/appaltatore.
La norma ha quindi l’intento di coinvolgere il soggetto che ha materialmente beneficiato delle opere o dei servizi (committente) nel pagamento delle retribuzioni, del TFR, dei contributi previdenziali, nonché dei premi assicurativi relativi al periodo di esecuzione del contratto di appalto, limitatamente alle somme effettivamente non corrisposte o versate dal datore di lavoro, per i lavoratori che hanno partecipato al compimento dell’opera o alla prestazione dei servizi.
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), con la Circolare 9943 del 19 novembre 2019, ha illustrato i limiti della prescrizione biennale disposta dalla Legge 276/2003, interpretando la norma in funzione degli orientamenti espressi in materia dalla Cassazione.
L’INL ha chiarito come la ratio della norma del 2003 fosse quella di tutelare il pagamento dei corrispettivi e degli oneri previdenziali dovuti, consentendo al lavoratore ed agli istituti previdenziali di agire direttamente nei confronti del committente. Occorre però fare una distinzione tra le somme dovute al lavoratore (stipendi, TFR, rimborsi spese. ecc.) e le somme dovute e non versate dal datore di lavoro per gli aspetti contributivi, in favore degli enti previdenziali.
La Cassazione ha affermato che il regime decadenziale di due anni trova applicazione esclusivamente all’azione esperita dal lavoratore. Infatti, l’obbligazione contributiva facente capo all’INPS, diversamente da quella retributiva, “deriva da un obbligo di legge, ha pertanto natura pubblicistica e risulta pertanto indisponibile”.
Pertanto, un’interpretazione estensiva dell’articolo 29, c. 2 della Legge 276/2003 porterebbe ad un risultato contrario a quello voluto dalla norma ossia alla possibilità che “alla corresponsione di una retribuzione a seguito dell’azione tempestivamente proposta dal lavoratore, non possa seguire anche il soddisfacimento anche dell’obbligo contributivo solo perché l’ente previdenziale non ha azionato la propria pretesa nel termine di due anni dalla cessazione dell’appalto”, con conseguente vulnus nella protezione assicurativa del lavoratore che, invece, l’articolo 29 ha voluto potenziare (Cass. n. 18004/2019, Cass. n. 22110/2019, Cass. n. 8662/2019).
Pertanto, la Corte ha stabilito il principio in base al quale il termine decadenziale, previsto dall’articolo 29, comma 2, riguarda esclusivamente l’esercizio dell’azione nei confronti del responsabile solidale da parte del lavoratore, per il soddisfacimento dei crediti retributivi. Per tali crediti esiste un nesso di "corrispettività sinallagmatica con la prestazione lavorativa".
Invece, l’azione degli enti previdenziali nei confronti dell’obbligato principale e degli altri soggetti solidalmente responsabili è soggetta alla sola prescrizione disposta dall’art. 3, comma 9 della Legge 335/1995, ovvero:
- decorsi dieci anni per le contribuzioni di pertinenza del Fondo pensioni lavoratori dipendenti e delle altre gestioni pensionistiche obbligatorie, compreso il contributo di solidarietà previsto dall'articolo 9-bis, comma 2, del Decreto Legge 29 marzo 1991, n. 103, convertito, con modificazioni, dalla Legge 1° giugno 1991, n. 166, ed esclusa ogni aliquota di contribuzione aggiuntiva non devoluta alle gestioni pensionistiche. A decorrere dal 1° gennaio 1996, tale termine è ridotto a cinque anni, salvi i casi di denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti;
- decorsi cinque anni per tutte le altre contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria.
©RIPRODUZIONE RISERVATA