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Il nostro Paese, specie in materia di lavoro, riceve spesso “impulsi” ad investire sulle nuove assunzioni mediante benefici contributivi, esoneri e incentivi.
Il COVID-19 ha poi spostato l’attenzione sui sussidi e sostegni economici a favore dei lavoratori dipendenti di aziende colpite dalla crisi, a causa dell’emergenza epidemiologica.
Un primo esempio che appare evidente per il settore agricolo è l’indennità riconosciuta dall’art. 30 del D.L. 18/2020, concessa per il mese di marzo ed aprile, indipendentemente dal fatto che i beneficiari avessero effettivamente avuto un “danno” dall’emergenza COVID-19, agli operai agricoli a tempo determinato, purché potessero fare valere nel 2019 almeno cinquanta giornate di effettivo lavoro agricolo dipendente e purché non fossero titolari di pensione. Tale indennità è stata pertanto legittimamente corrisposta anche a soggetti che, proprio a causa del periodo emergenziale, hanno invece lavorato con più intensità.
Per non restare solo in ambito agricolo, un altro esempio più recente è rappresentato dal fondo di solidarietà bilaterale dell’artigianato che ha accreditato, lo scorso 23 luglio, una somma pari a 516,3 miliardi di euro a sostegno dei dipendenti occupati nel medesimo settore, che hanno dovuto far fronte alla sospensione della loro attività lavorativa causa coronavirus.
Anche tale flusso di risorse finanziarie, atteso da oltre due mesi, rischia di non essere la strada migliore da intraprendere.
Sicuramente, in questa fase, risulta essere quella l’unica soluzione per poter far fronte alle difficoltà nelle quali ci si è trovati. A questo si aggiunga che storicamente il welfare italiano, in situazioni di crisi, si concentra totalmente sull’erogazione di sussidi economici, tralasciando le politiche attive che invece dovrebbero essere l’obiettivo principale da perseguire.
Ad oggi, la spesa per ammortizzatori sociali da inserire nel bilancio dello Stato sarà molto pesante: la cassa per questi strumenti, infatti, per il 2020, supera i 30 miliardi di euro, mentre sono solo 630 i milioni destinati alle politiche attive.
Tuttavia, è importante sottolineare che le misure di sostegno al reddito, adottate dallo Stato in questo frangente, sono state fondamentali: CIG (cassa integrazione guadagni) accessibile a tutti, NASPI e DIS-COLL (entrambe indennità mensili di disoccupazione) prolungate e introduzione del reddito di emergenza. Allo stesso tempo, però, il fondo nuove competenze (presente nel Decreto Rilancio) risulta l’unica misura destinata allo sviluppo delle politiche.
Secondo l’attuale Ministra del Lavoro Catalfo, l’obiettivo di breve termine è quello di creare una rete di protezione universale che deve andare di pari passo con l’istituzione di nuove e più efficaci politiche attive, specifiche per settori e dimensioni aziendali, puntando su formazione e riqualificazione dei lavoratori.
Questo può essere considerato un punto di partenza, ma sicuramente sarà necessario un intervento strutturale che possa favorire le aziende ad assumere nuovo personale, quale propulsione di una ripresa che stenta ad arrivare.
Andrea Fiumi, consulente del lavoro