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A quindici mesi dallo “scoppio” della pandemia, nonostante le molteplici disposizioni emanate per limitare le conseguenze del COVID-19 sia in termini sanitari sia in termini economici, ci sono ancora dubbi su quali procedure si debbano seguire al fine di accogliere in azienda un lavoratore assente per malattia COVID-19.
Il Ministero della Salute, con la Circolare n. 15127 del 12 aprile 2021, ha fornito indicazioni procedurali in materia di riammissione in servizio dei lavoratori su indicati anche alla luce del Protocollo del 6 aprile 2021[1] e della normativa vigente.
Il Ministero ha preso in considerazione, distinguendoli tra loro, cinque ipotesi di seguito meglio specificate.
In tale fattispecie sono ricompresi sia i soggetti ricoverati in terapia intensiva e per i quali persistano disturbi rilevanti, sia gli ammalati di COVID-19 che abbiano manifestato polmonite o altra infezione respiratoria acuta grave, le quali, anche successivamente alla malattia, abbiano cagionato una ridotta capacità polmonare.
Nei casi suddetti, i lavoratori dovranno, in primo luogo, presentare al datore di lavoro la certificazione di avvenuta negativizzazione e, inoltre, sottoporsi a visita medica ex art. 41, comma 2, lett. e-ter) del D.Lgs. n. 81 del 2008 (visita medica precedente alla ripresa del lavoro, a seguito di assenza per motivi di salute di durata superiore ai sessanta giorni continuativi, al fine di verificare l’idoneità alla mansione).
La visita in questione verrà effettuata dal medico competente, ove nominato, a prescindere dalla durata dell’assenza per malattia, al fine di verificare l’idoneità alla mansione.
Per i lavoratori risultati positivi al virus COVID-19 che abbiano manifestato sintomi non gravi viene previsto il rientro a lavoro a seguito di un periodo di isolamento di almeno dieci giorni dalla comparsa dei sintomi, al quale deve seguire, a distanza di almeno tre giorni dalla scomparsa dei sintomi, l’effettuazione di un test molecolare negativo.
I lavoratori interessati dovranno infine inviare al datore di lavoro la certificazione di avvenuta negativizzazione, secondo le modalità previste dalla normativa vigente.
Da porre attenzione all’ipotesi in cui, per gli stessi lavoratori, siano presenti familiari conviventi ancora positivi.
Il Ministero chiarisce ogni dubbio precisando che non dovranno sottoporsi alla quarantena e potranno essere riammessi a lavoro.
I lavoratori positivi al COVID-19 che, per tutto il periodo di infezione, siano stati completamente asintomatici potranno rientrare a lavoro dopo almeno dieci giorni di isolamento dalla comparsa della positività e a seguito di test molecolare negativo.
Si rende dunque necessario anche in questo caso l’invio della certificazione di avvenuta negativizzazione al datore di lavoro, secondo le modalità previste dalla normativa vigente.
Parimenti a quanto stabilito per i lavoratori di cui al punto n. 2., qualora essi siano conviventi con familiari ancora positivi non avranno l’obbligo di sottoporsi a quarantena e potranno essere riammessi in servizio.
Per i soggetti che continuano a risultare positivi al test molecolare per COVID-19 in assenza di sintomi da almeno una settimana, il Ministero della Salute ha stabilito la facoltà di interrompere l’isolamento dopo ventuno giorni dalla comparsa di questi ultimi[2].
Al fine di poter essere riammessi in servizio, però, i lavoratori dovranno risultare negativi ad un tampone molecolare o antigenico sostenuto dopo il ventunesimo giorno e saranno tenuti ad inviare il referto attestante la negatività al datore di lavoro, con le modalità di cui si è già trattato.
Non si ritiene in tale caso necessaria la visita medica precedente alla ripresa del lavoro.
Per quest’ultimo caso, il Ministero stabilisce che il lavoratore trovatosi in stretto contatto con una persona risultata positiva sia tenuto a comunicarlo al proprio medico curante, il quale ultimo rilascerà una certificazione medica di malattia (ciò non si applica a quei soggetti che possono continuare a svolgere il proprio lavoro in smart working).
Il lavoratore, prima di poter riprendere il servizio, dovrà effettuare un periodo di quarantena pari a dieci giorni decorrenti dall’ultimo contatto con l’individuo positivo, successivamente sottoporsi a un tampone molecolare o antigenico e, qualora questo sia risultato negativo, darne informazione al datore di lavoro, per il tramite del medico competente, ove nominato.
Andrea Fiumi, consulente del lavoro
[1] Cfr. Protocollo condiviso di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-COV-2/COVID-19 negli ambienti di lavoro.
[2] Cfr. Circolare n. 32850 del 12 ottobre 2020.