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L’apprendistato è un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e all’occupazione dei giovani (D.Lgs. n. 81 del 15 giugno 2015, art. 41, comma 1).
La formazione è dunque una caratteristica essenziale di tale tipologia contrattuale, senza la conclusione della quale non si può dare seguito all’interruzione o alla prosecuzione del contratto di apprendistato.
L’apprendistato è un contratto a tempo indeterminato e offre ai datori di lavoro la possibilità di decidere se, al termine della formazione, dare seguito al rapporto di lavoro qualificando il lavoratore oppure se interrompere lo stesso dandone congruo preavviso.
Durante la crisi dovuta alla pandemia, diverse aziende sono ricorse a periodi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa accedendo quindi agli ammortizzatori sociali previsti dalla vigente legislazione.
Periodi nei quali, inevitabilmente, la formazione è stata conseguentemente sospesa e non effettuata per cause involontarie al lavoratore apprendista.
Il Legislatore ha previsto diverse ipotesi nelle quali si rende necessario il recupero delle ore e dei periodi non lavorati a fronte di sospensioni dell’attività, al fine di rendere effettivo il completamento dell’apprendimento.
Innanzitutto, il datore di lavoro è obbligato al suddetto recupero qualora vi siano stati periodi di integrazione salariale, tra cui rientrano anche quelli COVID, in quanto non esclusi dalla normativa speciale.
Il periodo di apprendistato dovrà essere prorogato in misura equivalente all’ammontare delle ore di integrazione salariale fruite, in rapporto all’orario giornaliero svolto dal giovane, tanto nell’ipotesi di sospensione dell’attività, quanto in quella di riduzione dell’orario (D.Lgs. n. 148 del 14 settembre 2015, art. 2).
In materia, si è pronunciata anche l’INPS, con la Circolare n. 72 del 29 aprile 2021, richiamando le categorie di apprendisti beneficiari delle integrazioni salariali, tra cui:
L’istituto ha poi richiamato, per questi, quanto disposto dal Legislatore in materia di proroga del periodo di formazione (INPS, Messaggio n. 24 del 5 gennaio 2016).
Alle ipotesi sopra elencate va aggiunto il trattamento integrativo scaturente dall’ammortizzatore COVID-19, riferibile sia alla CIGO che al FIS, ai fondi bilaterali e alla cassa in deroga.
Alle ipotesi ordinarie previste dalla vigente normativa, vanno quindi aggiunte le ulteriori cause di sospensione o riduzione del piano formativo derivanti dalla crisi pandemica che ha colpito le imprese.
In generale, la possibilità di prorogare i piani formativi viene definita dalla normativa, la quale a sua volta si affida agli accordi interconfederali ovvero ai contratti collettivi nazionali di lavoro per l’elencazione delle cause di posticipo del piano formativo come ad esempio malattia, infortunio o altra causa di sospensione involontaria del lavoro, della durata superiore ai 30 giorni (D.Lgs. n. 81 del 15 giugno 2015, art. 42, comma 5, lett. g).
Ne restano dunque escluse le ferie, i permessi e tutti gli istituti contrattuali intrinsecamente caratterizzati dal requisito della volontarietà da parte del lavoratore dipendente.
Si ritiene quindi opportuno, anche alla luce delle indicazioni sopra esposte, un’attenta valutazione da parte dei datori di lavoro prima di procedere alla risoluzione del rapporto di lavoro al termine del periodo formativo.
Le aziende dovranno operare un calcolo preciso dei periodi di sospensione o riduzione dell’attività e, solo dopo aver provveduto alla predetta verifica, potranno procedere, nel rispetto del periodo di preavviso, a comunicare la risoluzione del rapporto di lavoro al termine della formazione. Il mancato rispetto degli obblighi normativi può comportare l’illegittimità della risoluzione contrattuale per mancanza dell’assolvimento degli obblighi formativi.
La risoluzione anticipata potrebbe inoltre essere sottoposta al controllo degli organi di vigilanza, tra cui gli ispettori del lavoro. Gli stessi, a fronte del mancato compimento del piano formativo e in presenza di altre condizioni, potrebbero disconoscere il rapporto di apprendistato e considerarlo un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dall’inizio, adeguando a tale tipologia contrattuale l’idonea contribuzione e retribuzione.
Andrea Fiumi, consulente del lavoro