L’emergenza sanitaria da COVID-19 ha reso necessaria l'introduzione di nuove tutele per i lavoratori costretti ad assentarsi dal lavoro poiché sottoposti ad isolamento fiduciario o quarantena. In particolare, il Legislatore, con il D.L. 18/2020, ha equiparato tali periodi a “malattia”, ai fini del trattamento economico previsto dalla normativa di riferimento.
Per i lavoratori fragili, ovvero quei dipendenti pubblici o privati che presentano patologie preesistenti (es: immunodepressi o soggetti a trattamenti salvavita), in caso di impossibilità di svolgere la propria prestazione in modo agile, l’eventuale periodo di assenza veniva parificato al ricovero ospedaliero.
La novità (spiacevole) riguarda l’esaurimento delle risorse che il Governo ha previsto per la copertura di questi maggiori oneri.
Il finanziamento stanziato nel 2020, pari a 663,1 milioni di euro, ha consentito all’INPS di attingere delle necessarie risorse per riconoscere ai lavoratori interessati da quarantena e/o isolamento fiduciario l’indennità di malattia o di ricovero ospedaliero, con accredito della relativa contribuzione figurativa ai fini previdenziali, risulta esaurito.
Per l’anno 2021, come noto, non sono stati previsti ulteriori finanziamenti e, alla luce di questo, l’Istituto, con la Nota n. 2842 del 6 agosto 2021, ha confermato come l’indennità di quarantena per isolamento fiduciario prevista dal D.L. 17 marzo 2020 n. 18 non potrà essere erogata per i casi avvenuti a partire dal 2021.
Tale decisione si ripercuote inevitabilmente su aziende e lavoratori.
Infatti, la quarantena fiduciaria di dieci giorni (per i non vaccinati) e sette giorni (per i vaccinati), impedisce ai lavoratori di potersi recare sul luogo di lavoro e, conseguentemente alle disposizioni attualmente in vigore, i dipendenti privati potranno subire una perdita della retribuzione anche di 500 euro/mese.
Unica eccezione riguarda i lavoratori fragili per i quali la copertura per l’anno 2021 è limitata al periodo gennaio-giugno.
Il mancato riconoscimento della retribuzione si concretizza secondo il principio per cui il lavoratore si trova nell’impossibilità sopravvenuta di svolgere la prestazione per motivazioni non imputabili all’impresa e per questo motivo il datore di lavoro altro non può che optare per permessi retribuiti o non retribuiti.
In materia si è espressa la Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro con un approfondimento del 1° settembre in cui ha evidenziato le principali criticità di tale mancanza di finanziamenti.
Innanzitutto, la Fondazione ha sottolineato il forte rischio che la situazione attuale possa provocare discriminazioni tra i dipendenti del settore privato, ad oggi senza adeguata tutela indennitaria e quelli del settore pubblico, per i quali sussiste la salvaguardia dell’art. 87, comma 1 D.L. 18/2020 e nessun pericolo di perdita della retribuzione.
Non solo, la stessa ha anticipato anche il possibile avverarsi di differenze nel trattamento dell’assenza in base alle disposizioni del contratto collettivo applicato in azienda tra la qualifica di impiegati e di operai.
Proprio per questo, la Fondazione ha fatto presente l’urgenza di destinazione di nuove risorse al finanziamento dei fondi previsti dal D.L. 18/2020 per i lavoratori in quarantena e per la categoria di lavoratori fragili impossibilitati a rendere la prestazione lavorativa, suggerendo altresì l’adozione di specifiche voci di paga nei cedolini mensili che indichino l’eventuale anticipo delle indennità di malattia erogate unicamente dal datore di lavoro in attesa di un rifinanziamento pubblico.
Si auspica quindi un opportuno e urgente intervento nella normativa.
Andrea Fiumi, consulente del lavoro
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