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Il contributo di licenziamento, introdotto con la Legge n. 92 del 2012, è dovuto nei casi di interruzione dei rapporti a tempo indeterminato, anche di apprendistato, per le causali che darebbero diritto alla prestazione ASPI (dal 2015 sostituita dalla attuale NASPI). Il contributo è a carico del datore di lavoro ed era fissato nella misura del 41% del massimale mensile ASPI, per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni.
L’INPS, a poca distanza dal suddetto intervento legislativo, era intervenuta con la Circolare n. 44 del 2013, al fine di fornire le regole per la determinazione del contributo. In tale occasione veniva specificato che questo contributo era scollegato dall’importo della prestazione individuale, andava corrisposto nella stessa misura a prescindere dalla tipologia di rapporto a tempo pieno o parziale e, come anticipato, era pari al 41% del massimale mensile ASPI per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni.
Nella stessa Circolare veniva fornita una definizione del richiamato “massimale mensile ASPI” sul quale si basa il calcolo del contributo: “il riferimento legislativo va inteso come un richiamo alla somma limite di cui all’articolo 2, c. 7 della Legge n. 92/2012 che, per l’anno 2013, è stabilita in 1.180,00 euro. Detto valore - utilizzato dal legislatore come soglia per determinare l’importo della prestazione mensile spettante al lavoratore - è, peraltro, annualmente rivalutato sulla base della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati intercorsa nell’anno precedente. Ne consegue che, per le interruzioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato intervenute nel 2013, a decorrere dal 1° gennaio, per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni, la contribuzione da versare sarà pari a 483,80 euro (1.180 euro x 41%)”
Successivamente, il Legislatore è intervenuto nuovamente in materia con il D.Lgs. n. 22 del 2015 con il quale la NASPI ha sostituito la ASPI. Lo stesso ha previsto che la base di calcolo dell’indennità NASPI dovesse essere determinata dalla retribuzione media mensile degli ultimi quattro anni. In questo modo, l’indennità mensile NASPI è rapportata alla retribuzione media mensile ed è pari al:
L’importo complessivo di NASPI non può superare l’importo mensile massimo pari a 1.300,00 euro (importo soggetto annualmente a rivalutazione ISTAT).
Il suddetto intervento normativo non ha suscitato problemi per il calcolo del contributo di licenziamento, continuando ad utilizzarsi come base per il calcolo la somma limite, al 2015 pari a 1.195,00 euro, come da Circolare n. 44/2013.
L’INPS, con la Circolare n. 137 del 17 settembre 2021, ha cambiato indirizzo rispetto al passato, chiarendo che la base per il calcolo del ticket di licenziamento debba essere l’importo massimo mensile di NASPI (c.d. massimale NASPI) rivalutato annualmente e pari per il 2021 a 1.335,40 euro. Non è più da tenersi in considerazione invece la somma limite, contrariamente a quanto precisato dall’Istituto con la precedente Circolare.
Tale novità ha stravolto le modalità di calcolo finora applicate e le precedenti disposizioni previste in materia da parte dell’Istituto, e comporta la ridefinizione della misura del contributo di licenziamento dovuto. Per tale ragione, potranno emergere delle differenze da pagare essendo questa base di calcolo del contributo più elevata a partire dal 2015.
A tal proposito, L’INPS ha anticipato la pubblicazione di un futuro Messaggio con cui renderà note le modalità operative per le eventuali regolarizzazioni dei periodi di paga scaduti alla data di pubblicazione della Circolare, ovvero fino al 17 settembre 2021.
Andrea Fiumi, consulente del lavoro