Il Parlamento ha dato il via libera alla consegna volontaria della certificazione verde COVID-19 da parte dei lavoratori al datore di lavoro.
Sulla Gazzetta Ufficiale del 20 novembre 2021 è stata pubblicata la Legge n. 165/2021 che converte in legge con modificazioni il Decreto Legge 21 settembre 2021 n. 127.
In particolare, il comma 5 dell’art. 3 presenta un’importante novità che riguarda le modalità di verifica del Green Pass da parte dei datori di lavoro.
La norma, così come modificata, prevede che “al fine di semplificare e razionalizzare le verifiche di cui al presente comma, i lavoratori possono richiedere di consegnare al proprio datore di lavoro copia della propria certificazione verde COVID-19. I lavoratori che consegnano la predetta certificazione, per tutta la durata della relativa validità, sono esonerati dai controlli da parte dei rispettivi datori di lavoro”.
In altre parole, con lo scopo di semplificare e velocizzare i controlli nei confronti dei lavoratori del settore pubblico e privato, sarà possibile, su base volontaria, consegnare la predetta certificazione al proprio datore di lavoro.
I dipendenti che opteranno per questa soluzione saranno esonerati dai controlli da parte dei rispettivi datori di lavoro fino alla scadenza del certificato verde.
Il Legislatore ha quindi assunto una diversa posizione rispetto al passato poiché, fino a prima che venisse pubblicata questa norma, c’era il consolidato principio secondo cui non era possibile conservare la copia della certificazione verde per via della privacy.
Lo stesso Garante della privacy, infatti, aveva evidenziato alcune criticità circa le nuove disposizioni poiché la conservazione della copia del Green Pass contrasterebbe con le garanzie della protezione dati previste dalla stessa UE che dispone che “laddove il certificato venga utilizzato per scopi non medici, i dati personali ai quali viene effettuato l'accesso durante il processo di verifica non devono essere conservati, secondo le disposizioni del presente Regolamento”.
Tale divieto è volto a garantire la riservatezza dei dati sulla condizione clinica del soggetto e delle scelte da ciascuno compiute in ordine alla profilassi vaccinale (cfr. anche Risoluzione 2361/2021 del Consiglio d’Europa).
La provenienza della richiesta dal lavoratore stesso dovrebbe però consentire di superare gli aspetti di privacy legati alle prescrizioni del Garante, anche se il tema resta delicato.
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