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In data 7 dicembre è stato sottoscritto il “Protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile” tra il Ministero del Lavoro e le parti sociali.
Questo intervento mira a fornire una serie di indicazioni su specifici temi in materia di smart working.
La normalizzazione dell’istituto del lavoro agile, soprattutto in ottica di uscita del Paese dallo stato emergenziale, diviene una priorità in virtù anche del largo utilizzo di tale strumento durante la pandemia.
Il Protocollo fornisce le linee di indirizzo alla contrattazione collettiva nazionale, aziendale e territoriale, nel rispetto della disciplina di cui alla Legge n. 81 del 2017, in materia di “misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l'articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”, e degli accordi collettivi in essere, affidando poi alla contrattazione collettiva quanto necessario all'attuazione nei singoli contesti aziendali.
Il tutto con il chiaro obiettivo, manifestato dal Protocollo, di ottenere un modello di smart working che permetta la conciliazione dei tempi di vita e lavoro, comporti un contributo alla sostenibilità ambientale e un cambio di prospettiva del lavoro verso un maggiore peso della fiducia e della responsabilità individuale.
Tra i principali temi trattati dal Protocollo vi è l’accordo individuale tra datore di lavoro e lavoratore, che rimane centrale e vincolante oltre a contenere una serie di previsioni, tra cui:
Con specifico riguardo all’utilizzo degli strumenti aziendali, viene stabilito che essi siano forniti dal datore di lavoro. Sempre mediante l'accordo individuale sarà in ogni caso possibile stabilire che l’attrezzatura utile alla prestazione in smart working sia fornita anche dallo stesso lavoratore. Gravano sul datore di lavoro, in ogni caso, gli oneri di manutenzione e aggiornamento dei sistemi.
Per quanto riguarda i casi di utilizzo degli strumenti del lavoratore, il Protocollo ricorda la necessaria e imprescindibile valutazione sugli standard di sicurezza. Si prevede inoltre, in questo caso, la possibilità di un indennizzo per le spese sostenute.
Tra gli argomenti maggiormente dibattuti in materia rientra a pieno titolo la questione del diritto alla disconnessione del lavoratore, che può essere definito come il diritto dello stesso di non essere costantemente reperibile e di non dover rispondere alle comunicazioni di lavoro al di fuori del normale orario di lavoro, senza che questo comprometta la sua situazione lavorativa.
Ferme restando le previsioni di legge e di contratto collettivo, la giornata lavorativa svolta in modalità agile si caratterizza per l’assenza di un preciso orario di lavoro e per l’autonomia nello svolgimento della prestazione nell’ambito degli obiettivi prefissati, nonché nel rispetto dell’organizzazione delle attività assegnate dal responsabile a garanzia dell’operatività dell’azienda e dell’interconnessione tra le varie funzioni aziendali.
Nel rispetto di ciò, il Protocollo chiarisce che al lavoratore dovrà essere garantita una fascia oraria di disconnessione, in cui non sarà tenuto a offrire nessuna prestazione lavorativa e che in ogni caso possono essere usati i permessi retribuiti anche durante la modalità agile.
Viene poi previsto che “salvo esplicita previsione dei contratti collettivi nazionali, territoriali e/o aziendali, durante le giornate in cui la prestazione lavorativa viene svolta in modalità agile non possono essere di norma previste e autorizzate prestazioni di lavoro straordinario.”
Il Protocollo richiama inoltre ulteriori concetti quali malattia, infortunio, diritti sindacali, parità di trattamento e il necessario impegno nei confronti di un welfare aziendale e bilaterale che possa rispondere alle rinnovate esigenze familiari.
Si conclude sottolineando l’importanza di una adeguata formazione dei lavoratori circa tutti gli aspetti che possono riguardare il lavoro agile, sia quelli culturali che quelli di carattere tecnico-organizzativo.
Andrea Fiumi, consulente del lavoro