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Con l’Ordinanza n. 13185 del 27 aprile 2022, la Corte di Cassazione, Sezione Civile, ha stabilito che i contributi previdenziali dovuti dai datori di lavoro agricoli sui corrispettivi corrisposti agli operai agricoli a tempo determinato (OTD) devono essere calcolati sulle ore effettivamente lavorate.
Il calcolo dell’onere contributivo non deve quindi essere effettuato sull’orario normale di 6,30 ore settimanali, ma sulle ore effettivamente lavorate dal dipendente, anche se di numero inferiore, salvo che, a seguito di interruzioni del servizio dovute a cause di forza maggiore, il datore di lavoro abbia disposto che l'operaio rimanga in azienda a sua disposizione.
Il caso esaminato dalla Corte di Cassazione riguarda una contribuente che ha presentato opposizione avverso degli avvisi di addebito, con i quali l’INPS le ha ingiunto il pagamento di differenze contributive e sanzioni civili in relazione ad operai agricoli a tempo determinato occupati nel primo e nel secondo trimestre del 2007.
A seguito del rigetto dell’opposizione sancita dalla Corte d’appello di Firenze, la contribuente ha proposto ricorso per Cassazione, deducendo svariati e argomentati motivi di censura.
La ricorrente, in particolare, ha denunciato la violazione e la falsa applicazione dell'art. 1, comma 1, D.L. n. 338/1989 e dell'art. 40, comma 1, CCNL 6 luglio 2006 per gli operai agricoli e florovivaisti, nonché dell'avviso comune di interpretazione autentica di tale contratto del 14 gennaio 2013, poiché la Corte di merito ha ritenuto, ai fini del calcolo dell'imponibile contributivo, che la retribuzione degli operai agricoli a tempo determinato debba essere rapportata ad un orario normale di 6,30 ore settimanali e non alle ore effettivamente lavorate, anche se di numero inferiore.
Investita della questione, la Corte di Cassazione ha innanzitutto evidenziato che l'art. 30, comma 1, CCNL 6 luglio 2006 per gli operai agricoli e florovivaisti, nel prevedere che “(…) l'orario di lavoro è stabilito in 39 ore settimanali pari ad ore 6,30 giornaliere", si limita ad individuare il limite massimo dell'orario normale settimanale e, specularmente, di quello giornaliero, calcolato come parte aliquota di quello settimanale, senza tuttavia dettare alcuna previsione circa l'orario minimo giornaliero esigibile dal lavoratore.
Il successivo art. 40 del medesimo CCNL, inoltre, nel prevedere, al comma 1, che “(…) l’operaio a tempo determinato ha diritto al pagamento delle ore di lavoro effettivamente prestate nella giornata", detta una norma incompatibile con il concetto di orario di lavoro settimanale e di orario giornaliero, giacché svincola la retribuzione dovuta dal riferimento ad un tempo di lavoro precostituito ed individuabile in termini generali ed astratti.
In considerazione delle specificità e peculiarità proprie del lavoro agricolo a tempo determinato, l'art. 16, comma 1, lett. g), D.Lgs. n. 66/2003, attuativo delle Direttive nn. 93/104/CE e 2000/34/CE, stabilisce, infatti, che gli operai agricoli a tempo determinato sono esclusi dall'ambito di applicazione della disciplina della durata settimanale dell'orario normale di lavoro.
Tale previsione non confligge con le indicazioni recate dal comma 2 dell'art. 40, CCNL 6 luglio 2006, ove è stabilito che, in caso di interruzioni dovute a causa di forza maggiore, le ore di lavoro non prestate devono essere retribuite soltanto se il datore di lavoro richiede che l'operaio agricolo rimanga in azienda a sua disposizione.
Quest’ultima previsione, infatti, si limita ad attestare l'obbligo di remunerare non solo il lavoro effettivamente svolto, ma anche le ore in cui il datore di lavoro, nonostante l'incombere di cause di forza maggiore ostative all'esecuzione della prestazione, ha richiesto all’operaio agricolo a tempo determinato di restare a sua disposizione.
In definitiva, considerate le peculiarità del lavoro agricolo a tempo determinato, secondo la Corte di Cassazione non è possibile definire alcun minimale contributivo indipendente dal salario dovuto sulla base delle norme contrattuali. Peraltro, i principi dettati dalle Direttive nn. 93/104/CE e 2000/34/CE disciplinano esclusivamente l'orario massimo di lavoro esigibile dal dipendente, senza prevedere alcunché circa l'orario normale di lavoro o l’orario minimo garantito al prestatore di lavoro.
I contributi previdenziali dovuti dai datori di lavoro agricoli sui corrispettivi corrisposti agli operai agricoli a tempo determinato devono essere quindi calcolati, ai sensi del combinato disposto dell'art. 1, comma 1, D.L. n. 338/1989 e dell'art. 40, CCNL 6 luglio 2006, esclusivamente sulle ore effettivamente lavorate, salvo che in concreto risulti che, in occasione di interruzioni dovute a causa di forza maggiore, il datore di lavoro abbia disposto che l'operaio rimanga nell'azienda a sua disposizione.