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Nell’attuale momento storico, considerato l’aumento generalizzato dei tassi d’interesse e, limitatamente all’anno 2022, l’aumento della soglia limite riguardante i cosiddetti compensi in natura (3.000 euro), torna di grande attualità la possibilità di chiedere al proprio datore di lavoro la concessione di un prestito.
Ebbene, la concessione di prestiti ai propri dipendenti è regolamentata dal comma 4, lett. b), dell’art. 51, TUIR, laddove viene specificato che ai fini della concorrenza al reddito di lavoro dipendente: “in caso di concessione di prestiti, si assume il 50% della differenza tra l’importo degli interessi calcolato al tasso ufficiale di sconto vigente al termine di ciascun anno e l’importo degli interessi calcolato al tasso applicato sugli stessi”.
Tra questi, rientrano anche i prestiti concessi dal datore di lavoro o per i quali il datore di lavoro ha stipulato accordi o convenzioni con l’istituto di credito, affinché il dipendente possa accedere al finanziamento a condizioni agevolate, oltre che alle erogazioni concesse direttamente dal datore di lavoro.
A livello fiscale, ciò che andrà assoggettato a tassazione è solamente il 50% della differenza tra il tasso di interesse concesso al lavoratore e il Tasso Ufficiale di Sconto (TUS), ovvero, quello mediamente praticato al momento della stipula o alla fine di ciascun anno.
Pertanto, esemplificando, se il tasso mediamente applicato sul mercato dei prestiti omologhi a quello concesso al dipendente è del 5% e il datore di lavoro lo eroga all’1%, la differenza tassabile è pari al 2% sull’intero finanziamento, dato da (5% - 1%) / 2.
Una volta assimilato il concetto di quota parte tassata e quota parte non tassata (se rientrante nei limiti più sopra specificati) come compenso in natura, ciò che sarà necessario affrontare è la gestione dei prestiti in ambito aziendale, considerando due aspetti fondamentali:
Sono diverse, infatti, le fattispecie che si possono presentare:
L’Agenzia delle Entrate, con sua Risoluzione n. 46/E del 28 maggio 2010, si è espressa con riferimento a tale ultima fattispecie, specificando che il beneficio fiscale può essere conseguito solamente nel rispetto di determinate condizioni:
Ricorrendo le condizioni suddette, l'importo del contributo erogato dall'azienda che concorre alla formazione del reddito imponibile può essere determinato in base al criterio previsto dall'art. 51, comma 4, lett. b), TUIR, tenendo conto degli oneri finanziari che restano effettivamente a carico del dipendente mutuatario.
Pertanto, concorrerà alla formazione del reddito di lavoro dipendente il 50% dell'ammontare risultante dalla differenza tra gli interessi calcolati al Tasso Ufficiale di Sconto (TUS) vigente al 31 dicembre di ciascun anno e gli interessi al tasso praticato dalla banca mutuante, calcolati al netto del contributo erogato dall'azienda.
Con riferimento all’applicazione delle ritenute fiscali da operare mese per mese e a conguaglio, si ricorda che il momento impositivo è quello del pagamento delle singole rate di prestito, così come previsto dal corrispondente piano di ammortamento.
Mentre sarà in sede di conguaglio di fine anno che il datore di lavoro procederà alla rideterminazione del reddito imponibile del dipendente, utilizzando il TUS al 31 dicembre dell’anno in corso, normalmente determinato dalla BCE durante i primi giorni di dicembre.