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Con la circolare congiunta ANPAL-Ministero del Lavoro n. 101569 del 27 agosto 2018, sono stati forniti interessanti chiarimenti in merito alla possibilità di iscrivere i migranti o richiedenti asilo alle liste dei disoccupati per l’accesso alle politiche attive del lavoro, anche laddove essi non siano in possesso della residenza.
Si tratta di un argomento di grande interesse per il settore dell’agricoltura, in quanto sempre più spesso i datori agricoli attingono forza lavoro da tali liste.
La norma di riferimento della materia è l’art. 11, comma 1, lettera c) del D. Lgs. 150/2015, il quale stabilisce che possono essere iscritti alle liste dei disoccupati solo coloro che dispongono della residenza anagrafica.
Tale normativa va coordinata con l’art. 5, comma 3 del D. Lgs. 142/2015, in forza del quale “per i richiedenti protezione internazionale ospitati nei centri o nelle strutture di accoglienza, […] il centro o la struttura rappresentano luogo di dimora abituale ai fini della iscrizione anagrafica”.
Con la nota n. 6202/2018, ANPAL aveva precisato che, in base al principio di specialità del richiamato articolo 5, poteva desumersi che, per i richiedenti asilo, il requisito della residenza anagrafica doveva ritenersi soddisfatto dal luogo di dimora abituale.
Pertanto, ai fini dell’iscrizione di tali soggetti alle liste dei disoccupati, deve ritenersi sufficiente l’indicazione del luogo di dimora abituale, ossia il centro o la struttura ospitante e non è necessario il possesso della residenza.
Con la circolare n. 101569/2018 pubblicata due giorni fa, ANPAL e Ministero del Lavoro non fanno che ribadire tali principi, utilizzando uno strumento formalmente più strutturato e idoneo ad essere utilizzato ai fini interpretativi.
Va detto che i richiamati chiarimenti, in realtà, non sono altro che una ulteriore conferma di quanto già previsto dall’art. 43, comma 2 del Codice Civile, il quale sancisce che “la residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale”.
In conclusione, è necessario affermare come i chiarimenti forniti siano, tuttora, ancora insufficienti a definire in maniera precisa la questione.
Il chiarimento, infatti, si pone in aperto contrasto con una norma di legge (l’art. 11 del D. Lgs. 150/2015), fornendo quindi un orientamento di dubbia legittimità.
Inoltre, anche l’interpretazione fornita dell’art. 5, pare incongruente con la finalità della norma, in quanto l’individuazione del centro di accoglienza come luogo abituale è necessario ai fini dell’iscrizione anagrafica, la quale resta comunque obbligatoria per legge.
Sul punto, quindi, si auspica un nuovo intervento che possa mettere la parola fine al dibattito.