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L’Italia è uno dei maggiori produttori in Europa di tabacco e la commercializzazione di tale prodotto rappresenta una rilevante voce di entrata per il bilancio dello Stato.
Anche se la tabacchicoltura è diffusa in tutta la penisola, il 97% del tabacco viene coltivato in sole 4 regioni (Campania, Umbria, Veneto e Toscana), le quali sono impegnate nella produzione di tutte le varietà di tabacco, ad eccezione dei tabacchi orientali, prodotti solo in Grecia e Bulgaria.
Nonostante la vendita di tale prodotto sia di esclusiva competenza dello Stato, la sua coltivazione è permessa sia al settore agro-industriale che ai privati, categoria quest’ultima, desiderosa di evitare gli elementi nocivi (come pesticidi ed additivi) contenuti nel tabacco industriale.
Con il D.L. 30 novembre 1970, n. 870, la produzione di tabacco, intesa come la semina e la coltivazione della pianta, non è più sottoposta a Monopolio di Stato e non è necessaria alcuna comunicazione alle autorità. Tuttavia, in caso di detenzione di meccanismi ed utensili preordinati alla lavorazione del tabacco è obbligatoria l’autorizzazione dell’Amministrazione dei Monopoli.
Se da un lato la produzione industriale non conosce limiti di quantità produttiva, dall’altro la coltivazione in casa può avvenire senza nessuna autorizzazione fino ad un massimo di mille foglie di tabacco.
Considerando che la commercializzazione di tabacco rimane una prerogativa dello Stato, le produzioni eccedenti le mille foglie non potranno essere vendute a terzi: l’eccedenza si dovrà donare (senza corrispettivo di denaro) ai consorzi autorizzati alla vendita.
Cosa si può fare con il tabacco prodotto in casa? Sicuramente non c’è alcuna possibilità di vendere il tabacco lavorato senza autorizzazione o certificazione da parte dei monopoli perché questa attività è considerata illegale e soggetta dell’accusa di contrabbando.
Tuttavia, considerando che il tabacco non ha uno status analogo a quello delle droghe illegali, può essere trasportato, formalmente anche oltre frontiera, fumato e donato a terzi senza ricevere alcun corrispettivo in denaro.
La coltivazione del tabacco è soggetta a tecniche colturali diverse e alla creazione di varietà adatte ai più svariati ambienti. Le aziende agricole che intendono coltivare tabacco devono considerare che ad ogni varietà di tabacco corrisponde un tipo di coltivazione differente. Infatti, per quanto riguarda il tabacco cosiddetto “scuro” sono preferibili terreni profondi e freschi, ricchi di sostanza organica, mentre i tipi “chiari” necessitano di terreni sciolti e leggeri, di non grande fertilità.
Essendo una pianta di origine sub-tropicale, il tabacco preferisce le giornate brevi per vegetare. Per quanto riguarda la temperatura, la germinazione necessita di almeno 15 °C e circa 25-30 °C per accrescimento e fioritura. Per tale motivo, in Italia è importante coltivare il tabacco solo nel periodo primavera-estate.
Una volta raccolto il tabacco, lo stesso viene sottoposto a lavorazione, un tempo artigianale, poi industriale, per dare risalto alle proprietà organolettiche ed ottenere i prodotti commerciali fruibili sul mercato: tabacco da fiuto, da masticare, da fumo.
Il procedimento industriale di lavorazione delle foglie consiste in quattro fasi principali: la fase di cura, la cernita, la fermentazione, la manifattura dei prodotti con la conseguente la stagionatura degli stessi.