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Il COVID-19, oltre ad aver determinato problemi sanitari che nessuno avrebbe mai immaginato, ha creato una situazione economica molto difficile, ma soprattutto pericolosa per alcuni settori del comparto agricolo, fra i quali il florovivaismo.
Momentaneamente, il Ministro dell’Agricoltura ha destinato 250 milioni di euro per tutto il comparto, ma questa cifra è sicuramente insufficiente a coprire i danni di un settore che conta 24.000 imprese e vale oltre 2,5 miliardi di euro di fatturato.
Nel frattempo, però, i florovivaisti devono fare i conti con una serie di provvedimenti che dicono tutto e non dicono niente, che sono contraddittori fra il livello nazionale e quello locale, che non vengono messi a conoscenza di chi deve fare i controlli, che creano turbativa fra i vari operatori a seconda dei comuni di appartenenza; in buona sostanza, si è creato un caos generalizzato che non aiuta a creare trasparenza e serenità in momento difficile come questo.
Ci riferiamo in modo particolare alla possibilità di vendere i prodotti (piante, fiori, terriccio, semi, concimi. ecc.) anche a privati consumatori sul luogo di produzione, ancorché non siano beni di prima necessità.
La risposta della Ministra Bellanova è stata chiara e netta: la vendita anche al dettaglio di semi, piante e fiori ornamentali, piante in vaso e fertilizzanti è consentita su tutto il territorio nazionale, o almeno dove non prevalga una norma locale, indipendentemente dal codice ATECO.
Purtroppo, dobbiamo constatare di aver ricevuto da alcuni nostri abbonati, copie di verbali emessi nei confronti di clienti che si recavano presso i loro punti vendita a comprare piante e fiori.
Visto il Decreto di venerdì scorso, nel quale permangono comunque le solite contraddizioni fra la possibilità di vendere al pubblico beni non di prima necessità (libri) e le limitazioni imposte ai cittadini di spostarsi solo per “situazioni di necessita”, riteniamo che, salvo specifiche limitazioni dovute a restrizioni locali e/o sanitarie, le imprese agricole possano poter vendere i propri prodotti. Al contempo, i clienti possono liberamente spostarsi per comprarli, ovviamente nel rispetto delle norme igienico sanitarie e delle distanze fra le persone.
D'altronde, se i vari DPCM che si sono susseguiti hanno disposto che le attività agricole possano restare aperte e possano vendere i propri prodotti, ciò porta come diretta conseguenza che i potenziali clienti debbano avere la possibilità di recarsi presso tali punti vendita.
In altre parole, se il negozio è aperto le persone possono andarci a fare acquisti.
Consigliamo però a tutti gli interessati di:
Nonostante tutto non capiamo comunque perché si continui a non fare chiarezza, lasciando al soggettivo giudizio dei verificatori il compito di interpretare le disposizioni contenute nei provvedimenti. Sembra quasi che si abbia paura di prendere una decisione. Ma per non deludere qualcuno, il rischio è quello di irritare tutti: imprese e consumatori.
Stiamo vivendo una situazione gestita in maniera assurda e con questi presupposti dovremo affrontare i mesi della ripresa che sarà lunga, difficile, e non priva di nuove sorprese.