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Un recente studio realizzato da CRIF Ratings mette in evidenza lo stato di salute del settore agricolo e agroalimentare dopo gli straordinari eventi degli ultimi anni, che hanno pesantemente inciso il tessuto economico del nostro Paese.
Lo studio è particolarmente interessante per comprendere come le imprese agricole e agroalimentari abbiano affrontato le problematiche dovute alla pandemia da COVID-19, ai rincari energetici ed alla necessità di effettuare gli investimenti necessari per poter adeguare le proprie aziende alle necessità produttive. Dallo studio emerge un appesantimento finanziario delle imprese e l’incremento dell’indebitamento.
Le imprese del settore agroalimentare hanno subito una flessione dovuta alla sospensione di molte attività durante il periodo pandemico ma, soprattutto, hanno sofferto per l’incremento dei costi energetici che si riflettono sui margini derivanti dalle loro produzioni. L’inflazione, che incrementa i fatturati del settore, ne erode la marginalità determinando anche problemi di liquidità (cashflow).
Il settore agricolo, dal canto suo, ha affrontato gli effetti economici della pandemia, dei rincari dell’energia e delle materie prime incrementando il proprio indebitamento, raggiungendo nel 2020 un volume medio per azienda pari circa otto volte il margine operativo lordo, contro una media dell’agroalimentare di circa la metà (4 volte).
Questi fattori hanno inciso anche sui default aziendali, superiori al 4% nel settore agroalimentare, più soggetto all’erosione dei propri margini per gli effetti della spinta inflazionistica. Il settore agricolo per il momento pare reggere meglio; il tasso di default del comparto è circa del 2%, ma è in tendenziale aumento.
Quello che preoccupa è l’indebitamento delle imprese in quanto il ritorno ai livelli precedenti al 2019 è rallentato dal contesto economico particolarmente instabile.
In questo contesto incerto, anche ulteriori eventi avversi “eccezionali” quali calamità naturali, malattie “pestose” (Aviaria, Peste Suina Africana, ecc.) possono diventare fattori scatenanti nuove crisi aziendali e in grado di pregiudicare la sopravvivenza di molte imprese. È quindi fondamentale, per le imprese agricole, valutare l’attivazione di specifiche assicurazioni e, dal punto di vista istituzionale, verificata la straordinarietà delle avversità, intervenire tempestivamente a sostegno dei settori che saranno colpiti.
(Grafici dello studio CRIF Ratings)
L’elevato indebitamento delle imprese associato ad un tasso dell’inflazione prossimo alla doppia cifra a cui si aggiunge anche l’incremento del tasso degli interessi, nel breve/medio periodo, metterà in difficoltà le imprese meno solide.
Guardando ai prossimi passi del settore agroalimentare e agli investimenti, c’è molta strada da fare sulla digitalizzazione dei processi, sulla tracciabilità delle filiere, nonché sull’ottimizzazione delle risorse idriche ed energetiche, così come su tutti quei fattori che vanno a comporre gli indici ESG (Environmental, Social, and corporate Governance).
Il mondo della finanza prevede dei fondi ESG diretti a finanziare le attività economiche ed in grado di generare sia un ritorno finanziario sia un impatto ambientale e sociale positivo, concreto e misurabile.
Tali investimenti valutano aziende e Paesi in relazione al loro grado di rispetto della sostenibilità, misurando fattori ambientali, sociali e di governance.
Secondo quanto rilevato da CRIF Ratings, infatti, il 95% delle aziende ha dei punteggi ESG negativi o pessimi.
Le aziende agricole, oltre ad essere le più esposte ai rischi fisici e di transizione, sono anche caratterizzate da ampi margini di miglioramento sulle tematiche sociali (riduzione del precariato e della stagionalità degli addetti e maggior attenzione al welfare).
Per quanto riguarda la governance, lo studio della CRIF conferma come la maggior parte delle aziende agricole siano ancora a conduzione familiare, poco strutturate e con poca trasparenza ed equità interna.
Il settore presenta ampi spazi di intervento nell’ambito dell’economia circolare. Si dovranno implementare i progetti di rigenerazione della biodiversità. Relativamente agli impatti ambientali, le varie filiere (zootecniche, ortofrutta, ecc.) hanno una significativa incidenza sulle emissioni di CO2. In questo settore occorreranno investimenti per modificare i modelli di produzione ed investire sia su nuove tecnologie sia sulla ricerca, al fine di tutelare risorse naturali, evitare il deterioramento dei terreni, limitare il contenimento dell’inquinamento delle fonti idriche e contrastare la distruzione di ecosistemi.
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