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Con l’Ordinanza n. 26071 del 5 settembre 2022, la Corte di Cassazione è tornata ad esprimersi sulla vexata quaestio del diritto dei soci accomandanti delle società in accomandita semplice di approvare il bilancio dell’esercizio. Secondo i giudici di legittimità, in particolare, i soci accomandanti non dispongono del diritto di approvare il bilancio, potendo solo manifestare una sorta di approvazione tacita, costituita dalla mancata impugnazione del bilancio.
Nelle società in accomandita semplice (Sas), l’amministrazione è riservata ai soli soci accomandatari. Infatti, l’art. 2320, comma 1, Codice Civile, contempla espressamente il divieto dei soci accomandanti di compiere atti di amministrazione e di trattare o concludere affari in nome della società, se non in forza di una procura speciale per singoli affari.
In caso contrario, il socio accomandante assume responsabilità illimitata e solidale verso i terzi in relazione a tutte le obbligazioni sociali (viene a perdere, in buona sostanza, il beneficio della responsabilità limitata).
Ai sensi del successivo comma 3 dell’art. 2320, Codice Civile, tuttavia, i soci accomandanti hanno diritto a ricevere la comunicazione annuale del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite, nonché di controllarne l’esattezza mediante la consultazione dei libri e degli altri documenti societari.
La formulazione normativa dell’art. 2320, Codice Civile, ha suscitato un ampio dibattito in dottrina e giurisprudenza.
Secondo dottrina prevalente, in particolare, l’espresso riferimento al bilancio regolarmente approvato recato dall’art. 2321, Codice Civile, lascerebbe intendere la partecipazione di tutti i soci (accomandanti compresi) al processo di approvazione del bilancio, non essendo ammissibile che l’approvazione dello stesso possa essere demandato ai soli amministratori.
L’approvazione a posteriori del bilancio non costituirebbe, peraltro, una violazione del c.d. divieto di immistione, poiché l’approvazione, a consuntivo, dei risultati raggiunti dall’amministrazione altrui, non comporta, di per sé, la partecipazione alla funzione amministrativa della società.
Tale indicazione è stata peraltro avallata, a suo tempo, dalla Corte di Cassazione che, con la Sentenza n. 6410/1996, ha stabilito che l’approvazione del bilancio di esercizio costituisce una prerogativa normalmente riservata proprio a coloro che sono esclusi dalla cura di affari al cui andamento sono tuttavia interessati.
La gran parte della giurisprudenza di merito ritiene, invece, che i soci accomandanti non dispongano del diritto di approvare il bilancio, giacché l’esercizio di tale facoltà costituirebbe una illegittima ingerenza nell’attività amministrativa sociale.
La preclusione al diritto di approvazione del bilancio, inoltre, emergerebbe inequivocabilmente dal disposto di cui al comma 3 dell’art. 2320, Codice Civile, ove è espressamente sancito il diritto dei soci accomandanti di avere comunicazione annuale del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite. Infatti, qualora i soci accomandanti avessero il diritto di approvare il bilancio, sarebbe superfluo riconoscere loro il diritto di averne comunicazione annuale.
Con l’Ordinanza n. 26071/2022, la Corte di Cassazione è tornata, seppur indirettamente, ad esaminare la dibattuta questione.
In tale ordinanza i giudici di legittimità hanno stabilito che la comunicazione del bilancio ai soci accomandanti costituisce un obbligo dell’amministratore, socio accomandatario, che prescinde da una preventiva richiesta da parte dell’accomandante.
L’esercizio di tale adempimento, in particolare, oltre ad assolvere all’obbligo imposto dall’art. 2320, comma 3, Codice Civile, risponde alla duplice esigenza di consentire al socio accomandante l’esercizio del potere di controllo e di critica sull’operato del socio accomandatario, nonché di poter ritenere consolidato l’esercizio in assenza di impugnazione del bilancio da parte dell’accomandante.
Dunque, pur escludendo il diritto del socio accomandante di concorrere, con una espressa manifestazione di volontà, all’approvazione del bilancio, la Suprema Corte sembrerebbe ritenere comunque necessaria, per poter ritenere consolidato l’esercizio sociale, l’approvazione tacita del bilancio da parte dei soci accomandanti, effettuata mediante la sua mancata impugnazione.