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Con Sentenza n. 9541 del 2 novembre 2022, il Consiglio di Stato ha confermato lo scioglimento di una cooperativa agricola che si limitava a concedere in affitto il proprio terreno agricolo ad una società semplice riconducibile al socio ed amministratore unico della cooperativa, senza peraltro provvedere al deposito dei bilanci da ben due anni consecutivi.
Il caso sottoposto al vaglio del Consiglio di Stato concerne una società cooperativa costituita per l’esercizio dell’attività agricola ai sensi dell’art. 2135, Codice Civile, composta da tre soci, per la quale il Ministero dello Sviluppo Economico ha decretato, ai sensi dell’art. 2545-septiesdecies, Codice Civile, lo scioglimento ex lege, nominando altresì il commissario liquidatore.
Lo scioglimento dell’ente cooperativo è stato disposto a seguito dell’accertamento del mancato perseguimento dello scopo mutualistico, nonché dell’omesso deposito dei bilanci sociali da oltre due anni.
In relazione al mancato perseguimento dello scopo mutualistico, in particolare, il Ministero dello Sviluppo Economico ha accertato che la compagine sociale non era in alcun modo coinvolta nella gestione della cooperativa, la cui attività si limitava nel concedere in affitto il terreno agricolo di proprietà ad una società semplice riconducibile ad un socio, amministratore unico, della cooperativa, zio degli altri due soci e deceduto dopo l’avvio del procedimento.
Ai sensi dell’art. 2545-septiesdecies, Codice Civile, infatti, il Ministero dello Sviluppo Economico, con provvedimento da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale e da iscriversi nel Registro delle Imprese, ha facoltà di sciogliere le società cooperative e gli enti mutualistici che non perseguono lo scopo mutualistico o non sono in condizione di raggiungere gli scopi per cui sono stati costituiti, ovvero che per due anni consecutivi non depositano il bilancio di esercizio o non compiono atti di gestione.
Nel caso sottoposto al vaglio del Consiglio di Stato, i soci superstiti hanno proposto ricorso avverso la sentenza di primo grado del TAR del Veneto, che ha confermato le valutazioni del Ministero, sostenendo, tra l’altro, che:
Secondo gli appellanti, in tali elementi possono rinvenirsi sia il rapporto di mutualità interna (contenimento dei costi e massimizzazione della rendita fondiaria), sia la partecipazione diretta di tutti i soci al raggiungimento dello scopo mutualistico (trasferimento di risorse derivanti dalla gestione dei fondi da parte di tutti i soci per garantire il pagamento dei ratei di acquisto al fine di consolidare, nel medio periodo, il patrimonio immobiliare della cooperativa).
Il Consiglio di Stato non ha condiviso le motivazioni addotte dai ricorrenti, evidenziando innanzitutto che la partecipazione diretta dell’amministratore o indiretta dei soci al patrimonio sociale della società semplice non consente di ritenere che la cooperativa perseguisse lo scopo mutualistico che doveva caratterizzarla. Al contrario, dall’esame della documentazione emerge chiaramente la carenza di attività della cooperativa, che si limitava ad affittare il proprio terreno agricolo ad una società il cui amministratore era uno dei soci della cooperativa stessa.
I soci appellanti, inoltre, non svolgevano alcun ruolo nella società semplice; né tale può ritenersi quello esercitato per il tramite fiduciario del padre degli appellanti; deduzione, questa, non soltanto priva di adeguate evidenze ma, in ogni caso, non idonea a ritenere rispettato lo scopo mutualistico. Infatti, la formale rappresentanza dei figli per il tramite del padre non è circostanza che può ritenersi provata dai bonifici prodotti in giudizio, che si riferiscono, comunque, all’attività svolta dal padre per la società affittuaria, e non quale distribuzione di utili per la vendita di prodotti agricoli, come previsto dallo Statuto della cooperativa.
Peraltro, lo scopo mutualistico non poteva essere perseguito mediante contratti di affitto di fondo rustico, poiché questi ultimi erano unicamente finalizzati a reperire risorse per il pagamento dei ratei di acquisto del terreno.
In definitiva, dall’esame degli elementi di causa emerge che la compagine sociale non partecipava alle attività della cooperativa e non era coinvolta nelle scelte gestionali, rimesse al solo (socio) amministratore.
Nel caso di specie, pertanto, ricorrono tutti gli elementi di cui all’art. 2545-septiesdecies, Codice Civile, che legittimano dunque lo scioglimento della società cooperativa e la nomina del commissario liquidatore.