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Nell’ambito del D.Lgs. n. 216/2023, attuativo del primo modulo di riforma delle imposte sul reddito delle persone fisiche, è prevista, limitatamente al periodo d’imposta 2024, una maggiorazione del costo del lavoro ammesso in deduzione in relazione alle nuove assunzioni a tempo indeterminato.
In particolare, l’art. 4, D.Lgs. n. 216/2023, prevede che, per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023, il costo del personale neoassunto con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato sia maggiorato, ai fini della determinazione del reddito d’impresa, di un importo pari al 20% del costo riferibile all’incremento occupazionale.
Inoltre, qualora il nuovo assunto rientri tra i lavoratori meritevoli di maggiore tutela di cui all’Allegato 1, D.Lgs. n. 216/2023, il costo riferibile a ciascun nuovo assunto è moltiplicato per coefficienti di maggiorazione che saranno stabiliti dal D.M. attuativo, fermo restando che la complessiva maggiorazione non ecceda il 10% del costo del lavoro sostenuto per tali categorie (l’agevolazione può quindi giungere fino al 30% del costo del lavoro).
L’agevolazione opera a favore dei titolari di reddito d’impresa e degli esercenti arti e professioni che svolgono attività di lavoro autonomo ai sensi dell’art. 54, TUIR (con esclusione dei contribuenti forfettari), a condizione che nel periodo d’imposta 2023 abbiano esercitato l’attività per almeno 365 giorni.
Dall’incentivo restano escluse le imprese in liquidazione ordinaria, come pure le imprese che si trovano in stato di liquidazione giudiziale o che hanno fatto ricorso ad altri istituti di risoluzione della crisi di impresa di natura liquidatoria.
Gli incrementi occupazionali rilevano a condizione che al termine del periodo d’imposta 2024, il numero dei dipendenti a tempo indeterminato risulti superiore al numero dei dipendenti a tempo indeterminato mediamente occupati nel 2023. Inoltre, per finalità antielusive, l’incremento occupazionale deve essere assunto al netto dei decrementi occupazionali verificatisi in società controllate o collegate ai sensi dell’art. 2359, Codice Civile, o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto.
Il costo riferibile all’incremento occupazionale è pari al minore importo tra quello effettivamente riferibile ai nuovi assunti e l’incremento complessivo del costo del personale dipendente risultante dalla voce B.9 del Conto Economico relativo al 2024 rispetto a quello relativo al periodo d’imposta 2023.
I soggetti che in sede di redazione del bilancio di esercizio non adottano lo schema di Conto Economico di cui all’art. 2425, Codice Civile, ossia, tipicamente, i soggetti IAS/IFRS adopter, assumono le corrispondenti voci di costo del personale.
I costi riferibili al personale dipendente sono imputati temporalmente in base alle regole applicabili ai fini della determinazione del reddito del contribuente. Pertanto, ad esempio, per i soggetti in contabilità semplificata e per gli esercenti arti e professioni, i costi rilevano in base al principio di cassa.
Al fine di non pregiudicare il livello di occupazione dei dipendenti a tempo determinato già in forza presso le imprese, è previsto che nessun costo sia riferibile all’incremento occupazionale qualora, al termine del periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023 (il 2024 per i contribuenti con esercizio coincidente con l’anno solare), il numero dei lavoratori dipendenti, inclusi quelli a tempo determinato, risulti inferiore o pari al numero degli stessi lavoratori mediamente occupati nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2023.
È inoltre previsto che, in sede di determinazione dell’acconto delle imposte sui redditi dovuto per il 2024, non si tenga conto delle disposizioni in esame. Inoltre, nella determinazione dell’acconto per il 2025 si deve assumere, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata non applicando tali disposizioni.