L’accertamento di un maggior reddito di impresa derivante dalla cessione di beni immobili non può essere fondato soltanto sulla sussistenza di uno scostamento tra il valore normale del bene quale risulta dalle quotazioni OMI e il corrispettivo dichiarato nell’atto di compravendita. È necessaria la sussistenza di ulteriori elementi indiziari gravi, precisi e concordanti. Il principio è applicabile anche all’imposta di registro, stante la finalità di adeguamento al diritto dell’Unione Europea. Pertanto, le quotazioni OMI, risultanti dal sito internet dell’Agenzia delle entrate, essendo idonee a condurre a indicazioni di valore di larga massima, non costituiscono una fonte tipica di prova del valore venale in comune commercio del bene oggetto di accertamento, ai fini dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale. Il valore effettivo dell’immobile può infatti variare in funzione di molteplici parametri quali l’ubicazione, la superficie, la collocazione nello strumento urbanistico, nonché lo stato delle opere di urbanizzazione. Ne consegue che un avviso di liquidazione fondato esclusivamente sul valore OMI non può ritenersi fondato sotto il profilo motivazionale e, in difetto di ulteriori elementi forniti dall’Agenzia delle entrate, non può indicare congruamente il valore venale in comune commercio del bene.