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In tema di successioni mortis causa, la delazione che segue l'apertura della successione, pur rappresentandone un presupposto, non è da sola sufficiente all'acquisto della qualità di erede, essendo necessaria l'accettazione da parte del chiamato, mediante aditio o per effetto di una pro herede gestio, oppure la ricorrenza delle condizioni di cui all'articolo 485, c.c.; nell'ipotesi di giudizio instaurato nei confronti del preteso erede per debiti del de cuius, incombe su chi agisce, in applicazione del principio generale di cui all'articolo 2697, c.c., l'onere di provare l'assunzione della qualità di erede, che non può desumersi dalla mera chiamata all'eredità, non operando alcuna presunzione in tal senso, ma consegue solo all'accettazione dell'eredità, espressa o tacita, la cui ricorrenza rappresenta un elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in giudizio nella predetta qualità (ex plurimis Sentenza n. 21436/2018).