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Il contratto di comodato, disciplinato dagli articoli 1803 e ss., c.c., produce effetti obbligatori, e non reali, e il comodatario è titolare di un diritto personale di godimento e non di un diritto reale (di proprietà o altro). Si tratta, per lo più, di un rapporto di cortesia che quindi non genera alcun particolare vincolo giuridico; difatti, il comodatario è un semplice detentore del bene mobile o immobile. Pertanto, è il proprietario dell'immobile, quale possessore, sia pure mediato, tenuto al pagamento dell'imposta e non il comodatario, mero detentore della cosa comodata. Il comodatario, infatti, non consegue il possesso dell'immobile, ma la mera detenzione (nell'interesse proprio), che trova titolo in un contratto costitutivo di un diritto personale di godimento e non di un diritto reale, come richiede l'articolo 26, TUIR, ai fini dell'imposizione del reddito fondiario. Dal principio secondo cui l'imputazione soggettiva dei redditi fondiari è in funzione del possesso qualificato della titolarità del diritto reale, che permane in capo al proprietario anche in caso di concessione in comodato delle unità immobiliari e successiva locazione di questi immobili da parte del comodatario, deriva che fiscalmente obbligato a dichiarare il reddito fondiario resta, pertanto, per effetto dell'articolo 26, TUIR, solo il titolare di un diritto reale sui medesimi beni. Conseguentemente, il reddito effettivo del fabbricato va imputato al proprietario dell'immobile, cioè al comodante (come se l'avesse affittato personalmente) anche se da lui materialmente non percepito (cfr. Sentenze n. 15877/2013 e n. 8767/2015).
In questa sezione sono raccolte le sentenze di commissioni tributarie e della Cassazione relative alla trattazione di tematiche attinenti al settore dell’agricoltura e dell’alimentazione