Articoli
Tutti gli aggiornamenti, gli approfondimenti e i casi pratici analizzati e realizzati dai nostri esperti in materia agricola, fiscale, economica e del lavoro.
In tema di attività agricole connesse non esiste ancora una significativa giurisprudenza, nonostante siano trascorsi oramai vent’anni dall’entrata in vigore dei decreti attuativi della Legge di Orientamento per il settore agricolo (2001), che, come è noto, hanno riscritto la definizione di imprenditore agricolo. Tuttavia, nelle poche pronunce che ci sono state negli ultimi anni, sembra consolidarsi una linea interpretativa restrittiva, soprattutto riguardo alle attività di trasformazione di prodotti ottenuti dall’attività di coltivazione e allevamento da parte dell’imprenditore agricolo.
Ed è proprio sulle attività di trasformazione che vogliamo fare il punto, analizzando, seppur sinteticamente, quali sono i requisiti richiesti dalla legge affinché possano rientrare nella sfera dell’attività agricola, tenendo conto delle interpretazioni dell’Agenzia delle Entrate e di quelle dei giudici che finora si sono espressi sulla materia.
La norma di riferimento è contenuta nell’art. 2135 del Codice Civile, al 3° comma:
“Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali …”
Poche righe, dalle quali si ricavano tre presupposti:
Per ulteriore sintesi: nell’attività di trasformazione (attività secondaria) devono essere utilizzate sempre e in prevalenza materie prime (prodotti agricoli) ricavate da una o più attività primarie esercitate dal medesimo soggetto.