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Prima di analizzare le differenze intercorrenti tra “Rent to Buy” e “Help to Buy”, occorre soffermarsi sulle specifiche caratteristiche proprie di ciascuno dei predetti istituti giuridici.
Si tratta di un istituto giuridico di origine anglosassone che è stato introdotto nel nostro ordinamento dal D.L. n. 133/2014 (cd. Decreto Sblocca Italia), convertito in Legge n. 164/2014, al fine di incentivare l’acquisto di immobili, non per forza ad uso abitativo.
Il Rent to buy permette, infatti, ad un soggetto che non possa ottenere immediatamente un mutuo da parte di un Istituto di Credito, di acquisire un immobile entrandone nell’immediato possesso in qualità di conduttore e riservandosi la possibilità di acquistarlo a distanza di qualche anno.
Da quanto sopra esposto, si evince che il Rent to Buy rappresenta un contratto misto, costituito da due atti giuridici, aventi ciascuno una sua specifica causa seppur tra loro funzionalmente collegati, la locazione e la compravendita.
Detto in altri e più chiari termini, il Rent to Buy si articola in due fasi: l’una costituita dalla concessione in godimento del bene, l’altra caratterizzata dal trasferimento a titolo oneroso della proprietà dell’immobile.
Tale tipologia contrattuale assume, pertanto, il nome di contratto di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili.
Preme precisare che la seconda fase è tuttavia solo eventuale, non sussistendo per il conduttore, al termine del periodo pattuito per la concessione in godimento dell’immobile, comunque non superiore a dieci anni, un obbligo di acquistare, ma soltanto un diritto. Ne consegue l’impossibilità per il proprietario-concedente di richiedere una somma a titolo di caparra confirmatoria, venendo altrimenti meno la funzione stessa del Rent to Buy.
In virtù della struttura complessa in cui si articola il Rent to Buy, il conduttore è tenuto a corrispondere al proprietario del bene una somma imputata in parte a titolo di canone locativo e in parte a titolo di acconto sul prezzo della futura eventuale vendita.
La formula del Rent to Buy permette, pertanto, al conduttore di cominciare a pagare anticipatamente parte del prezzo della futura eventuale vendita, contestualmente alla corresponsione del canone di locazione, così da ridurre il prezzo di acquisto dell’immobile e ottenere più facilmente un finanziamento dalla banca, dimostrando di aver puntualmente onorato le rate del contratto.
Il Rent to Buy ha, in realtà, indubbi vantaggi, non soltanto per il conduttore, ma anche per il proprietario-concedente. Ciò in quanto quest’ultimo si garantisce un introito periodico dalla concessione in godimento del proprio bene, assicurandosi al tempo stesso la possibilità, nemmeno troppo remota, di venderlo a distanza di pochi anni.
Quid iuris nel caso in cui il conduttore, al termine della locazione, decida di non acquistare l’immobile concessogli in godimento?
Al verificarsi di questa ipotesi il conduttore è tenuto alla riconsegna del bene, mentre il proprietario-concedente deve restituire quella parte di canone imputata a prezzo della futura vendita, sulla base degli accordi presi in stipula di contratto. L’art. 23, comma 1-bis, del D.L. n. 133/2014, che disciplina il caso di mancato acquisto dell’immobile da parte del conduttore, non fissa infatti dei limiti, minimi o massimi, alla quota da restituire.
Va da sé che il proprietario-concedente avrà interesse a trattenere la maggior parte della somma versata a titolo di acconto prezzo, non soltanto quale indennizzo, ma anche con il precipuo fine di incentivare il conduttore ad acquistare il proprio immobile al termine del periodo stabilito per la concessione in godimento del bene.
In ogni caso è necessario che nel Rent to Buy siano indicate in modo dettagliato le due specifiche componenti in cui si articola il canone e che vengano, altresì, accuratamente delineate le conseguenze in ipotesi di mancato esercizio del diritto di acquisto ad opera del conduttore, pena la nullità del contratto.
Da un punto di vista fiscale, l’Agenzia delle Entrate è intervenuta con la sua Circolare n. 4/E del 19 febbraio 2015, che disciplina tale negozio giuridico al pari di un’operazione complessa distinta in due fasi temporali:
Le due componenti del canone sono tassate diversamente; la somma corrisposta a titolo di godimento del bene è esente IVA (salvo che il proprietario-concedente non agisca in regime di impresa) e rappresenta un reddito fondiario da assoggettare ad IRPEF secondo le regole dell’articolo 37, comma 4-bis del TUIR. Tale disposizione afferma che se il canone risultante dal contratto di locazione, ridotto forfetariamente del 5%, risulta essere superiore alla rendita catastale rivalutata, il reddito che andrà a formare la base imponibile sarà pari al canone di locazione al netto di tale riduzione.
Limitatamente agli immobili adibiti a civile abitazione, in alternativa al regime ordinario, il proprietario-concedente può optare per il regime della “cedolare secca”, assoggettando la parte di canone imputata a corrispettivo della concessione in godimento del bene ad un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle relative addizionali, nonché delle imposte di registro e di bollo.
La somma imputata ad acconto sul prezzo della futura eventuale vendita, costituendo una parte del corrispettivo di un’operazione di trasferimento a titolo oneroso, è invece soggetta ad IVA, salvo che non si tratti di fabbricati esenti IVA.
Con riferimento all’imposizione diretta, qualora il conduttore eserciti il suo diritto all’acquisto, in capo al concedente si applica la disciplina dei “redditi diversi” (articolo 67, comma 1, lettera b) del TUIR, in base alla quale viene assoggettata a tassazione la plusvalenza realizzata mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni.
Per la determinazione della plusvalenza di cui sopra, ci soccorre l’articolo 68, comma 1 del TUIR che la identifica nella differenza positiva tra il corrispettivo percepito, comprensivo delle quote del “canone prezzo” ed il costo originario di acquisto dell’immobile.
Ricordiamo, inoltre, che le quote del “canone prezzo” risulteranno imponibili per il concedente/proprietario (nel rispetto delle condizioni previste: entro cinque anni dall’acquisto o dalla costruzione) solo al momento della cessione dell’immobile e cioè quando il conduttore esercita il suo diritto all’acquisto.
Nel caso, invece, che il conduttore non eserciti il diritto all’acquisto ed a lui vengano restituite da parte del proprietario le quote di “canone prezzo” a suo tempo versate, l’operazione non assume alcuna rilevanza reddituale.
Diversamente, se la componente di canone imputata ad acconto prezzo viene trattenuta al fine di remunerare il proprietario-concedente per il mancato acquisto dell’immobile, la stessa è considerata “reddito diverso” (articolo 67, comma 1 del TUIR) ed è imponibile per un importo corrispondente a quanto trattenuto.
Per ultimo, qualora il contratto venisse risolto per inadempimento del conduttore, le quote dei “canoni prezzo” eventualmente trattenute dal concedente a titolo di indennizzo, se non diversamente disposto nel contratto, rileveranno, in capo a quest’ultimo, come “redditi diversi” in base al disposto dell’articolo 67, comma 1, lettera l) del TUIR.
A differenza delle locazioni, che debbono essere trascritte solo se di durata ultra-novennale, il Rent to Buy soggiace all’obbligo di trascrizione al fine di soddisfare un duplice effetto; da un lato garantire al conduttore l’opponibilità a terzi della concessione in godimento dell’immobile e, dall’altro, al pari dell’efficacia prodotta dalla trascrizione di un preliminare di compravendita, fare ottenere a quest’ultimo un effetto prenotativo sul medesimo bene, essendo tenuto il proprietario-concedente a preferirlo nell’acquisto rispetto ad altri potenziali acquirenti.
A ciò si aggiunga che, nel caso di esercizio del diritto di acquisto da parte del conduttore, gli effetti della trascrizione dell’atto di vendita del bene retroagiscono al momento di avvenuta trascrizione del contratto di Rent to Buy. Unico limite è l’obbligo di provvedere alla trascrizione dell’atto di compravendita prima della scadenza del contratto di Rent to Buy e, comunque, prima del decorso di dieci anni dall’avvenuta trascrizione di quest’ultimo negozio giuridico.
L’Help to Buy, definito anche acquisto facilitato, garantisce al soggetto intenzionato ad acquistare un immobile, che non disponga di immediata liquidità, di entrare subito nel godimento del bene, con obbligo di versamento di una caparra confirmatoria o di un acconto pari almeno al 10 o 15% del prezzo pattuito per la vendita.
Ancora una volta si è alla presenza di un contratto misto, caratterizzato da un preliminare con effetti parzialmente anticipati, a cui segue la vendita effettiva del bene. In questo caso vige infatti l’obbligo di acquistare, non essendo contemplata l’opzione di riscatto come nel Rent to Buy.
La durata dell’Help to Buy è variabile ma, in ogni caso, non può superare i tre anni.
Oltre all’importo iniziale nelle percentuali sopra delineate, il promissario acquirente è tenuto al versamento di acconti periodici fino al pagamento di almeno il 30% del costo dell’immobile. Al raggiungimento di questa soglia, è possibile passare al trasferimento vero e proprio del bene, essendo il promissario acquirente, molto probabilmente, oramai in grado di ottenere dall’istituto di credito un mutuo per finanziare la residua somma per l’acquisto dell’immobile.
È possibile riservare al promissario acquirente la facoltà di recedere dal contratto pagando una somma a titolo di multa penitenziale, il cui importo varia in considerazione del tempo trascorso dalla stipula del contratto.
Viene invece pattuita una penale in caso di risoluzione del contratto per inadempimento imputabile al promissario acquirente.
Dal punto di vista fiscale, l’Help to Buy viene tassato come un normale contratto preliminare. Gli acconti periodici sono pertanto soggetti all’imposta di registro del 3%.
Solo se il proprietario-venditore opera in regime di impresa gli acconti periodici vanno assoggettati ad IVA, con applicazione delle medesime aliquote previste per la compravendita immobiliare, ed è dovuta un’imposta di registro in misura fissa per il principio di alternatività IVA-registro.
In entrambi i casi la somma versata a titolo di caparra confirmatoria è invece soggetta all’imposta di registro dello 0,50%.
Ciò che preme ricordare è che l’imposta di registro dovuta per gli acconti periodici oltre che per la somma corrisposta a titolo di caparra confirmatoria è detraibile dall’imposta di registro che sarà dovuta per l’atto definitivo di compravendita.
Non vige, infine, l’obbligo di trascrizione di questa tipologia contrattuale. È comunque consigliabile trascrivere l’Help to Buy nei Pubblici Registri Immobiliari, al fine di assicurare al promissario acquirente un effetto prenotativo. Il futuro atto di compravendita deve tuttavia essere, a sua volta, trascritto entro un anno dal termine pattuito per la sua stipula e, comunque, non oltre tre anni dall’avvenuta trascrizione dell’Help to Buy.
Sia il Rent to Buy sia l’Help to Buy permettono l’immediata concessione in godimento del bene e sono istituti giuridici appositamente pensati per venire incontro alle esigenze di coloro che, pur essendo intenzionati ad acquistare un immobile, abbiano delle iniziali difficoltà di accesso al credito.
Rispetto al Rent to Buy, caratterizzato da un diritto ad acquistare, l’Help to Buy prevede invece un obbligo in capo al promissario acquirente, configurandosi quest’ultima tipologia contrattuale come un preliminare con effetti parzialmente anticipati. Ne consegue che il promissario acquirente, qualora intenda sciogliersi dal vincolo contrattuale senza procedere all’acquisto dell’immobile, sia costretto al pagamento di una multa penitenziale con finalità indennitaria.
Altro svantaggio dell’Help to Buy è la sua durata limitata rispetto al Rent to Buy, avendo il primo contratto validità per soli tre anni contro i nove della seconda tipologia contrattuale. Ciò significa che il promissario acquirente avrà meno tempo a disposizione per ottenere un eventuale finanziamento dalla banca al fine di provvedere al saldo della vendita, rischiando di dover pagare una penale in caso di mancata stipula del rogito.
L’Help to Buy presenta tuttavia indubbi vantaggi fiscali rispetto alla differente formula del Rent to Buy.
Nel caso della scelta dell’Help to Buy, il venditore non deve dichiarare alcun reddito da locazione, essendo tenuto a pagare unicamente un’imposta di registro con la stessa aliquota dovuta per qualsiasi atto preliminare di compravendita.
L’opzione dell’Help to Buy è conveniente anche dal lato del soggetto intenzionato ad acquistare, in quanto tutte le spese continuano a gravare unicamente sul proprietario-venditore, salvo che le parti non pattuiscano nel contratto una somma maggiore a titolo di acconto periodico sul prezzo della futura vendita, che tenga conto dell’immissione anticipata nel godimento del bene da parte del futuro acquirente.
Al contrario, nel Rent to Buy trovano applicazione le norme in materia di usufrutto per la regolamentazione della prima fase caratterizzata dalla concessione in godimento dell’immobile. Ne consegue che le spese di ordinaria manutenzione e di custodia del bene sono poste a carico del conduttore-potenziale acquirente, gravando sul proprietario-concedente solo quelle di straordinaria manutenzione.
In conclusione, è consigliabile interrogarsi sulla reale intenzione delle parti prima di optare per una di queste due modalità alternative di compravendita.
Per il potenziale acquirente, che non sia così sicuro di voler acquistare l’immobile concessogli fin da subito in godimento, potrebbe, ad esempio, essere più conveniente propendere per la stipula del Rent to Buy. Il proprietario dell’immobile, al contrario, potrebbe avere interesse ad addivenire in tempi celeri alla vendita del bene di sua titolarità, senza gravarsi degli oneri fiscali propri del Rent to Buy.
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