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Sommario: 1) La produzione di energia fotovoltaica su aree agricole - 2) Il contributo dell’agrovoltaico alla transizione energetica: consumo del suolo o valorizzazione e tutela del territorio? - 3) La regolamentazione giuridica del fotovoltaico in area agricola - 4) Vantaggi e svantaggi dei sistemi agrivoltaici - 5) I requisiti degli impianti agrivoltaici 6) Il soggetto che realizza il progetto - 7) Le differenze tra impianti fotovoltaici e agri-fotovoltaici - 8) La disciplina fiscale: lineamenti.
In questo momento storico, caratterizzato da incertezza geopolitica ed elevato costo delle materie prime, al quale si sommano gli obiettivi di decarbonizzazione adottati dall’Unione Europea[1], l’Italia sta cercando di rendersi più autonoma dal punto di vista energetico, anche aumentando la quantità di energia prodotta da fonti rinnovabili da impianti fotovoltaici[2].
Tuttavia, la copertura con impianti fotovoltaici di edifici o infrastrutture - che rappresenta l’opzione migliore dal punto di vista della compatibilità ambientale (e, astrattamente, potrebbe essere sufficiente a soddisfare l’intero fabbisogno energetico) - è, sovente, sottoposta a vincoli di diversa natura (artistici, paesaggistici, amministrativi, civilistici ecc.), che ne ostacolano la realizzazione.
Per raggiungere tale ambizioso obiettivo è, allora, indispensabile individuare ulteriori spazi adatti all’installazione di impianti fotovoltaici[3].
Una soluzione alternativa è rappresentata dalla produzione di energia fotovoltaica su vaste aree agricole[4] incolte o coltivate.
Tali impianti agrovoltaici[5] o agri-fotovoltaici non hanno, però, ancora trovato larga diffusione e, in concreto, la loro realizzazione è lungi dal potersi definire capillare sul territorio del Paese[6]. E ciò a causa di una serie di criticità, rappresentate, in particolare, dalla mancanza di un quadro legislativo specifico e dalla sovrapposizione, a livello amministrativo e giurisprudenziale, tra i tradizionali sistemi fotovoltaici e le moderne tecnologie agrovoltaiche[7].