Nelle società a responsabilità limitata (nel proseguo “Srl”) l’amministrazione può essere affidata ad un amministratore unico oppure a tutti o ad alcuni soltanto fra i soci.

Nell’ipotesi in cui muoia l’amministratore unico o il socio amministratore che detiene la maggioranza delle partecipazioni sociali si rischia di paralizzare la gestione della società per essere venuto meno l’organo amministrativo o per non essere più possibile assumere una decisione in assemblea.

Occorre, pertanto, esaminare quali siano le possibili soluzioni atte ad evitare l’impasse della Srl in caso di morte dell’amministratore unico o del socio di maggioranza.

MORTE DI UN SOCIO NELLE SRL

Salvo contraria disposizione dell’atto costitutivo, l’art. 2469, primo comma, c.c., prevede che le partecipazioni sociali siano liberamente trasferibili sia per atto tra vivi sia per successione mortis causa.

Non è, pertanto, necessario che l’atto costitutivo preveda espressamente la continuazione della società con gli eredi del socio deceduto. 

La ratio si rinviene nel fatto che le Srl, al pari di qualsiasi società di capitali e diversamente dalle società di persone, hanno un’autonomia patrimoniale perfetta, rimanendo il patrimonio dei soci distinto da quello societario, così che non vi è alcun ostacolo alla libera circolazione delle quote sociali.

Ne consegue che, ad eccezione dell’ipotesi in cui l’atto costitutivo disponga diversamente, la quota sociale del socio deceduto è automaticamente trasferita per legge ai suoi eredi, trovando applicazione estensiva il principio di automatico acquisto del legato sancito dall’art. 649 c.c.

Affinché avvenga il subingresso nella Srl degli eredi del socio deceduto occorre, tuttavia, che sia stata previamente accettata l’eredità, giacché, prima di tale momento, non si è ancora eredi ma solo chiamati all’eredità.