Primo arresto della Cassazione sulla riqualificazione del contratto di soccida

di Vanni Fusconi, avvocato

La Comunità europea è sempre più attenta agli interventi attuati per il miglioramento del clima e dell’ambiente e, in tale ottica, si ha particolare riguardo all’attività di allevamento che deve contemperare le esigenze ambientali con la necessità di garantire il mantenimento delle produzioni nonché il miglioramento del benessere animale e, conseguentemente, della qualità dei prodotti che giungono alla tavola dei consumatori.

L’attività di allevamento ha visto il passaggio da piccole realtà agricole, capillarmente diffuse sul territorio, a realtà sempre più specializzate ove, attraverso la selezione e gli incroci delle specie allevate, l’affinamento dell’industria mangimistica, l’introduzione di sistemi automatizzati che monitorano e coadiuvano l’allevatore nella cura degli animali, si è accentrata l’attività con sistemi di allevamento di tipo intensivo. L’Italia, rispetto ad altri Paesi ove l’allevamento è molto sviluppato, ha tuttavia mantenuto una certa capillarità e diversificazione sul territorio di questa attività.

Tale caratterizzazione è dovuta all’estrema eterogeneità delle tipologie di animali allevati nel nostro Paese, dalle caratteristiche climatiche e geografiche del territorio nonché dalle produzioni tradizionali.

Questa capillarità delle strutture e la diversificazione delle attività di allevamento è probabilmente alla base della diffusione, nell’ambito di questa attività, di contratti associativi e, specificatamente, del contratto di soccida. Ampi settori della filiera agro-industriale della lavorazione e trasformazione delle carni, nonché dei prodotti derivanti dall’allevamento (come, ad esempio, la filiera delle uova), ha alla sua base di approvvigionamento imprese che intervengono tramite contratti di soccida.

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