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Come noto, la Legge 160/2019 ha previsto l’abolizione dell’Imposta Unica Comunale (IUC) nelle sue componenti relative all’Imposta Municipale Propria (IMU) ed al Tributo sui Servizi Indivisibili (TASI), e l’unificazione delle due imposte nella nuova IMU. La nuova disciplina IMU, salvo per quanto concerne l’accorpamento della componente TASI, non ha comportato sostanziali differenze rispetto alle precedenti versioni: restano praticamente immutati i requisiti soggettivi, oggettivi (salvo alcune novità), le modalità di calcolo della base imponibile ed i casi di riduzioni ed esclusioni.
Ci si attenderebbe che quando un Legislatore, dopo circa trent’anni dall’istituzione di un tributo, intende mettervi mano, riscrivendone ex novo la disciplina, colga tale occasione per dirimere eventuali dubbi e rimuovere quelle aree di incertezza che hanno caratterizzato le precedenti formulazioni della relativa disciplina. Non solo, nel caso in cui si introducano modifiche dirette ad incidere sull’oggetto del tributo, dovrebbe esservi un chiaro riferimento nella norma alle nuove categorie beni (nel caso di specie immobili) che si intende voler tassare. Questo intento dovrebbe trasparire sia dalla lettura letterale del testo novellato della norma (che non dia spazio a difformi interpretazioni) e sia tramite anche una precisa evidenza nella relazione tecnica, con particolare riguardo agli attesi effetti positivi delle maggiori entrate derivanti dalle modifiche introdotte.
La modifica normativa a cui ci si riferisce riguarda la nuova definizione di fabbricati introdotta dall’articolo 1, comma 741, della Legge 160/2019: