Non sembra esserci pace per le società a reddito d’impresa che affittano terreni agricoli; infatti, l’Agenzia delle Entrate negli ultimi tempi è tornata a contestare l’assorbimento dei canoni di affitto di fondo rustico nel reddito dominicale.

I dubbi interpretativi nascono dalle istruzioni al Modello Unico SC che a partire dal 2013 (periodo di imposta 2012), precisano che le società di capitali, al fine di assoggettare a tassazione il reddito individuato su base catastale (art. 1, commi 1093 e 1094, della Legge n. 296 del 2006) devono riportare al rigo RF 55 (variazione in diminuzione-ricavi) l’ammontare dei ricavi dell’attività propria ad esclusione dei ricavi derivanti dalla locazione o dall’affitto di fabbricati ad uso abitativo, nonché di terreni e di fabbricati ad uso strumentale alle attività agricole. Ebbene secondo la tesi dell’Agenzia delle Entrate detti proventi non essendo oggetto di variazione in diminuzione, contribuiscono alla determinazione del reddito d’impresa in base ai valori contabili rilevati analiticamente e non sui valori catastali.

La tesi che vorrebbe tassati in maniera analitica i redditi derivanti dall’affitto di terreni agricoli non appare condivisibile, ma per capire le motivazioni logico giuridiche di un siffatto assunto occorre analizzare la ratio sottesa alla disciplina dei renditi fondiari per i soggetti che dichiarano il reddito d’impresa.

In linea generale, occorre preliminarmente ricordare che gli immobili di proprietà delle imprese commerciali rilevano, ai fini della determinazione del reddito d’impresa, sulla base delle risultanze contabili. Tale regola, tuttavia, non trova applicazione con riferimento agli immobili c.d. patrimonio, che vengono tassati su base catastale, con conseguente irrilevanza di quanto iscritto nel conto economico.