IL D.Lgs. n. 198/2021 in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agricola e alimentare e di commercializzazione dei prodotti agricoli e alimentari - meglio noto come “PRATICHE SLEALI”

di Anna Lisa Baroni, avvocato (*)

Il D.Lgs. n. 198/2021 rappresenta una norma di derivazione comunitaria sulla quale è opportuno porre l’attenzione di imprese nel settore agroalimentare e del mondo della consulenza alle aziende.

La recentissima controversia tra Coldiretti e Lactalis, che ha avuto una notevole risonanza sui mezzi di comunicazione nazionali, ha evidenziato alcune peculiarità di questo importante provvedimento di legge (al quale io diedi il mio voto favorevole - all’epoca - quale parlamentare della maggioranza che sosteneva il Governo Draghi e quale membro della commissione agricoltura della Camera dei Deputati).

Il Decreto Legislativo n. 198/2021, entrato in vigore il 15 dicembre 2021, è stato emanato in attuazione della direttiva UE 2019/633 (Unfair Trading Practices, UTP) e riguarda le pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese della filiera agroalimentare.

Questo decreto ha l’obiettivo di contrastare le condotte che si discostano dalle buone pratiche commerciali, contrarie ai principi di buona fede e correttezza e imposte unilateralmente da un partner commerciale alla sua controparte.

Le disposizioni del Decreto si applicano alle cessioni di prodotti agricoli ed alimentari da parte di soggetti stabiliti nel territorio nazionale, indipendentemente dal fatturato dei fornitori e degli acquirenti. Ne sono esclusi i contratti con i consumatori finali.

In sintesi, il Decreto mira a perseguire un maggior equilibrio tra fornitore e acquirente operanti nell’ambito della filiera agroalimentare, tenendo conto della deperibilità e della stagionalità delle produzioni.

Le imprese del settore sono chiamate a controllare le loro previsioni contrattuali, sostituendo le previsioni contrastanti con la nuova normativa con clausole conformi alla stessa, per evitare di incorrere in sanzioni che possono arrivare fino al 5% del fatturato realizzato nell’ultimo esercizio precedente all’accertamento.

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