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Per i giudici di legittimità l’unica fonte alla quale attingere per verificare la sufficienza della nota di trascrizione, ai fini dell’individuazione degli immobili sui quali essa incide, è la stessa nota, che deve consentire con certezza l’identificazione dei detti cespiti.
In tal senso, è stato recentemente riaffermato il principio consolidato della giurisprudenza della Suprema Corte (Cassazione, Sez.II civ., Ord. 26 aprile 2024, n. 11213) secondo il quale “per stabilire se e in quali limiti un determinato atto relativo a beni immobili sia opponibile ai terzi, deve aversi riguardo esclusivamente al contenuto della nota di trascrizione, dovendo le indicazioni riportate nella nota stessa consentire di individuare, senza possibilità di equivoci ed incertezze, gli estremi essenziali del negozio ed i beni ai quali esso si riferisce, senza necessità di esaminare anche il contenuto del titolo che, insieme con la menzionata nota, viene depositato presso la conservatoria dei registri immobiliari (cfr Cassazione, Sez. II iv., Ord. 19 febbraio 2019, n. 4842; Sent. 31 agosto 2009, n. 18892; Sent. 25 marzo 1993, n. 3590).”