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La nuova PAC e l’illusione della protezione: il reddito agricolo tra Bruxelles e il mercato globale

di Luciano Mattarelli, direttore responsabile

La Politica Agricola Comune (PAC) ha rappresentato per decenni una sorta di “cuscinetto” tra le incertezze del mercato e la stabilità del reddito delle imprese agricole europee.

Oggi, con la recente riforma, quel cuscinetto appare sempre più sottile. L’architettura della PAC, basata su ecoschemi, condizionalità ambientali più stringenti e maggiore flessibilità nazionale, sembra confermare una tendenza ormai evidente: il sostegno pubblico non è più pensato per stabilizzare i redditi, ma per accompagnare la transizione ecologica e garantire obiettivi ambientali.

Questa evoluzione riflette un mutamento di priorità della Commissione europea, che guarda all’agricoltura come a uno strumento della strategia climatica e alimentare complessiva. Una scelta forse inevitabile, alla luce delle pressioni sociali e politiche, ma che rischia di lasciare gli agricoltori più esposti a un contesto economico internazionale segnato da volatilità estrema.

Il prezzo del grano, della soia, del latte o della carne dipende sempre meno dalle dinamiche interne e sempre più dalle tensioni geopolitiche, dai flussi di commercio mondiale e dalle decisioni delle grandi potenze agricole extraeuropee. La guerra in Ucraina, la crisi energetica, le interruzioni nelle catene di approvvigionamento hanno mostrato con brutalità come i redditi agricoli europei possano crollare o impennarsi nell’arco di pochi mesi. A ciò si aggiungono le nuove dinamiche globali: la Cina che ridisegna i flussi commerciali, il Brasile che consolida il proprio ruolo di esportatore strategico, gli Stati Uniti che, con il loro Farm Bill, continuano a garantire sussidi consistenti ai produttori domestici e con i dazi hanno avviato una politica protezionistica.

In questo scenario, la PAC appare meno efficace come strumento di stabilizzazione. Gli aiuti diretti, già ridotti e sempre più condizionati, non riescono a compensare le oscillazioni dei mercati. Molte imprese agricole, soprattutto quelle di piccola e media dimensione, rischiano di trovarsi in una posizione di marginalità competitiva, senza la forza contrattuale per incidere sulla catena del valore dominata da trasformatori e distribuzione.

Ciò non significa che la PAC non sia utile. Anzi, resta un pilastro fondamentale per il settore. Ma non basta più. Occorrerebbe affiancare agli obiettivi ambientali un vero piano di tutela del reddito, capace di rispondere all’instabilità globale con strumenti innovativi: fondi mutualistici, assicurazioni agevolate, meccanismi di gestione del rischio più robusti. Inoltre, l’Europa dovrebbe interrogarsi sulla sua autonomia alimentare: puntare solo sulla sostenibilità, senza considerare la competitività, rischia di trasformare gli agricoltori in esecutori di politiche pubbliche, piuttosto che in attori economici vitali.

Le indicazioni che emergono dalla riforma della PAC sembrano chiare: l’agricoltura europea è chiamata a essere sostenibile, resiliente e competitiva allo stesso tempo.

Ma senza un equilibrio tra tutela ambientale e sostenibilità economica, il rischio è che il mercato globale diventi l’unico arbitro del reddito agricolo. E in un’arena dominata da giganti, l’Europa agricola non può permettersi di giocare senza protezioni adeguate.

Per garantire la sostenibilità del proprio reddito, le imprese agricole sono chiamate a cogliere tutte le opportunità disponibili, con particolare attenzione alla multifunzionalità introdotta dalla riforma del 2001. In quest’ottica, la produzione di energia da fonti rinnovabili, come il fotovoltaico e il biogas, non solo rappresenta un’importante integrazione economica, ma consente anche di contenere i costi aziendali e di avvicinare l’impresa a un modello produttivo innovativo, orientato alla transizione ecologica e al progressivo abbandono dei combustibili fossili.

Parallelamente, all’interno di questa visione multifunzionale, assume grande rilevanza anche il ruolo delle aziende agricole nella cura e nella tutela del territorio, sia sotto il profilo paesaggistico sia in relazione alla prevenzione e al contrasto del dissesto idrogeologico.






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