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La Rivista | nº 02 Febbraio 2019


Un cattivo modo di legiferare lo riscontriamo nella Legge di Bilancio 2019, ancorché le precedenti leggi finanziarie non fossero migliori

di Gian Paolo Tosoni, tributarista

L’articolo 34 del D.P.R. n. 633/1972 (regime speciale per i produttori agricoli) che è un capolavoro di tecnica legislativa in quanto è un concentrato di deroghe perfettamente funzionanti, alle regole generali di applicazione dell’IVA, viene integrato con il comma 34-ter - “regime fiscale per i raccoglitori occasionali”.

La nuova norma stabilisce che i raccoglitori occasionali di prodotti selvatici non legnosi di cui alla classe Ateco 2.30 (tartufi, funghi, ecc...) sono esonerati dagli adempimenti IVA se nell’anno precedente hanno realizzato un volume d’affari non superiore a 7.000 euro. Un altro comma della Legge di Bilancio 2019 aveva precisato che la raccolta di prodotti selvatici compresi i tartufi è da considerarsi occasionale se dalla vendita dei prodotti non viene superato il limite annuo di 7.000 euro. Ora una volta stabilito che sotto il predetto limite il raccoglitore si considera occasionale, che bisogno c’era di andare ad imbrattare l’articolo 34 indicando fra i soggetti esonerati i raccoglitori occasionali, forse si ignora il fatto che l’IVA non si applica per le attività occasionali. Infatti, l’articolo 4 dell‘IVA dispone che l’imposta si applica in presenza di esercizio di imprese intendendo per tale l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva di attività commerciali o agricole.

Peraltro, la qualifica di soggetto esonerato ai fini dell’IVA, per i raccoglitori di tartufi, si aggiunge ad una norma ben più precisa contenuta nell’articolo 1, comma 109 della legge n. 311/2004 la quale prevede correttamente che non vi sia nessun obbligo per i raccoglitori occasionali, precisando che non devono avere la partita IVA. Ora siamo in presenza dell’apoteosi della ovvietà: i raccoglitori occasionali non hanno la partita IVA e quindi sono assimilati ai privati, sono esonerati dagli adempimenti IVA.

L’altra perla normativa contenuta nella Legge di Bilancio 2019 è il comma 2 il quale dispone che per le cessioni di prodotti di cui alla tabella A parte terza, allegata al decreto IVA (si tratta dei beni soggetti ad IVA nella misura del 10%) l’aliquota IVA è ridotta del 1,5%, mentre la aliquota ordinaria è ridotta del 2,2%. Ad una prima lettura qualcuno avrà fatto un salto di gioia, ma invece è solo un modo per dire che le aliquote rimangono del 10% e del 22% e l’aumento programmato nella norma di salvaguardia contenuta nella legge dello scorso anno è rinviato di un anno. Un tentativo maldestro del legislatore per fare bella figura con nessuna spesa.

La Legge di Bilancio nel suo complesso è un mostro legislativo di oltre mille commi con le norme fiscali sparse ovunque.





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