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Le reti di imprese sono un valido strumento, che il legislatore ha messo a disposizione per il settore agricolo, al fine di incrementare competitività e performance.
La Legge 91 del 2014 ha esteso la disciplina delle reti di impresa, introdotta nel nostro ordinamento dal D.L. 5/2009, anche alle imprese agricole, prevedendo, per la sua applicazione, alcuni requisiti da rispettare.
Dal punto di vista soggettivo, deve trattarsi di imprese agricole, singole (ditta individuale) o associate (aziende gestite in forma collettiva), così come definite dal noto articolo 2135 del Codice Civile, che possano essere incluse nella categoria delle piccole e medie imprese (PMI), in base alla disciplina dettata dalla normativa europea (Regolamento CE n. 800/2008).
Le condizioni oggettive necessarie per dar vita al contratto di rete agricola sono sostanzialmente due:
Sul primo punto, si evidenzia che il capitale umano non è soggetto ai limiti solitamente previsti per il C.D. distacco dei lavoratori. Infatti, il lavoratore è libero di circolare tra le varie imprese della rete senza alcun limite.
Dal punto di vista giuslavoristico, è possibile assumere congiuntamente i lavoratori nell’ambito della rete di imprese, a patto che almeno il 40% delle società partecipanti abbia lo status di impresa agricola.
In merito al secondo punto, va rilevato che l’aspetto caratterizzante del contratto di rete agricolo è che la produzione derivante dall’esercizio in comune dell’attività, secondo il programma comune di rete, può essere divisa tra i contraenti in natura, con l’attribuzione a ciascuno, a titolo originario, della quota di prodotto prevista nello stesso contratto.
Tale acquisto a titolo originario è, però, subordinato alle seguenti condizioni:
Per quanto riguarda le imposte dirette, qualora venga rispettato il requisito della prevalenza, si potrà beneficiare della tassazione agraria ex art. 33 del TUIR, in base al quale il reddito agrario concorre a formare il reddito complessivo di ciascun associato per la quota di sua spettanza.