L’art. 4 del D.L. 26 ottobre 2019 n. 124 ha introdotto degli specifici obblighi a carico dell’impresa appaltatrice, affidataria o subappaltatrice, nonché dei committenti di opere o servizi, di importo complessivo annuo superiore a 200.000 euro, tramite contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali, comunque denominati, caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attività del committente, con l'utilizzo di beni strumentali di proprietà di quest'ultimo o ad esso riconducibili in qualunque forma.
L’Agenzia delle Entrate è già intervenuta con alcuni chiarimenti in materia con la Risoluzione 23 dicembre 2019 n. 108/E e la Risoluzione 24 dicembre 2019 n. 109/E ma non ha ancora completato il set di interventi.
La ratio della previsione normativa è quello di contrastare l’illecita somministrazione di manodopera.
A carico dell’impresa appaltatrice, affidataria o subappaltatrice viene previsto che:
- il versamento delle ritenute operate debba essere effettuato con distinte deleghe di pagamento modello F24 per ciascun committente, senza possibilità di compensazione. Nella delega di pagamento relativa all’appalto, l’impresa appaltatrice non potrà effettuare alcuna compensazione di ritenute, contributi, premi INAIL, ecc. Al momento è ancora incerto se il divieto di compensazione si estenda anche al recupero di crediti scaturenti dalla gestione del rapporto di lavoro (es. assistenza fiscale, bonus Renzi, ecc.) ma dal tenore letterale parrebbe di sì;
- vengano trasmessi, entro cinque giorni lavorativi successivi alla scadenza del versamento, al committente (per le imprese subappaltatrici anche all'impresa appaltatrice), le deleghe di pagamento e un elenco nominativo di tutti i lavoratori, identificati mediante codice fiscale, impiegati nel mese precedente direttamente nell'esecuzione di opere o servizi affidati dal committente, con il dettaglio:
- delle ore di lavoro prestate da ciascun percipiente, in esecuzione dell'opera o del servizio affidato;
- dell'ammontare della retribuzione corrisposta al dipendente in relazione a tale prestazione;
- delle ritenute fiscali, eseguite nel mese precedente nei confronti di tale lavoratore, con separata indicazione di quelle relative alla prestazione affidata dal committente.
Nella Risoluzione 23 dicembre 2019 n. 108, l’Agenzia delle Entrate ha previsto che la quantificazione dei versamenti distinti per ciascun committente (e quindi della retribuzione corrisposta al dipendente in esecuzione della specifica opera o servizio affidatogli e conseguentemente della relativa ritenuta operata) vada effettuata sulla base di parametri oggettivi quali ad esempio il numero di ore impiegate in esecuzione della specifica commessa.
A carico del committente viene previsto un obbligo di controllo, da esercitarsi mediante richiesta di copia delle deleghe di pagamento relative al versamento delle ritenute trattenute dall'impresa appaltatrice (o affidataria) e dalle imprese subappaltatrici ai lavoratori direttamente impiegati nell'esecuzione dell'opera o del servizio.
L’ambito di applicazione della nuova normativa è piuttosto ampio, sia con riferimento ai soggetti che alle tipologie contrattuali applicate.
Per quanto riguarda i soggetti, sono incluse nel perimetro applicativo della disciplina tutte le società, sia di capitali che di persone, le associazioni professionali, le persone fisiche che esercitano arti e professioni, gli organi delle procedure, il condominio nonché i trust.
Per quanto riguarda le tipologie contrattuali, vi rientrano tutti i contratti di appalto, subappalto, affidamento a consorziati, nonché ogni altro rapporto negoziale comunque denominato che presentano congiuntamente le seguenti particolari caratteristiche:
- che l’affidamento di opere o servizi in appalto preveda un prevalente utilizzo di manodopera;
- che il personale impiegato svolga la prestazione lavorativa presso la sede/le sedi di attività del committente;
- che i beni strumentali per lo svolgimento dell’attività del personale siano messi a disposizione dal committente;
- che il valore annuo del contratto di appalto superi euro 200.000,00.
Tali condizioni devono manifestarsi simultaneamente: è sufficiente che ne venga a mancare una per ricadere al di fuori dell’ambito di applicazione e, quindi, per poter disapplicare la normativa.
Con riferimento al limite di euro 200.000,00, l’Agenzia ha precisato, nei primi forum con gli ordini professionali, che tale limite va riferito ad ogni singola impresa. In presenza di più contratti di appalto o altri negozi giuridici comunque denominati affidati alla medesima impresa, va effettuata la somma degli importi dei singoli rapporti e, qualora la stessa superasse il limite di euro 200.000,00, le nuove regole andrebbero applicate per tutti i contratti vigenti con quell’impresa.
Con riferimento ai beni strumentali utilizzati dai dipendenti dell’appaltatore, essi devono essere di proprietà del committente o a quest’ultimo riconducibili in qualunque forma.
Sono pertanto esclusi quei contratti di appalto in cui l’appaltatore adempie alla propria prestazione utilizzando totalmente i propri mezzi ed attrezzature (sia di fatto dotato di una propria effettiva organizzazione in termini di mezzi umani e tecnici); molto più labile è invece il confine quando:
- una parte dei mezzi è di proprietà dell’appaltatore e in parte del committente; in questo caso bisognerà identificare il limite entro cui i mezzi potranno essere considerati “significativi”;
- i mezzi, originariamente del committente, vengono ceduti/trasferiti all’appaltatore; in tal caso bisognerà delineare i tratti dei comportamenti potenzialmente elusivi, ad esempio nei casi in cui tali mezzi siano concessi in comodato o locati o noleggiati all’appaltatore.
Tali aspetti, molto delicati, necessiteranno sicuramente di chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Nella pratica, possono rientrare nel perimetro delle novità normative situazioni nelle quali l’esternalizzazione dei servizi è frequente, quali pulizie, portierato, servizi informatici ed amministrativi (in particolare se svolti presso il committente con suo software), manutenzione, vigilanza, logistica (es. contratto di handling, gestione dei magazzini, ecc.), servizi legati a picchi produttivi e stagionali di particolari settori fra cui principalmente quello agricolo.
Il settore primario presenta una molteplicità di casi potenzialmente rientranti nel perimetro applicativo della normativa, molti dei quali concentrati nella trasformazione dei prodotti agricoli e nell’allevamento: basti pensare ai contratti di appalto stipulati per la gestione delle pulizie degli allevamenti, il carico/scarico degli animali e per la gestione di alcune lavorazioni o depositi all’interno delle strutture di macellazione. È esclusa la cessione con posa in opera, in quanto trattasi di cessione di beni.
L’inadempimento degli obblighi posti a carico sia dell’impresa appaltatrice, affidataria o subappaltatrice che del committente, generano pesanti aspetti sanzionatori in capo ad entrambe le parti.
Nel caso in cui l’impresa appaltatrice, affidataria o subappaltatrice non ottemperi all’obbligo di trasmettere al committente le deleghe di pagamento e le informazioni relative ai lavoratori impiegati, impedendo perciò il controllo da parte del committente o non versi, per l’intero o in parte, le ritenute fiscali rispetto ai dati risultanti dalla documentazione trasmessa, il committente dovrà sospendere, finché perdura l’inadempimento, il pagamento dei corrispettivi maturati per un importo pari all’ammontare delle ritenute non versate, fino alla concorrenza del 20% del valore complessivo dell’opera o del servizio, dando comunicazione di tale inadempimento, entro 90 giorni, all’Agenzia delle Entrate territorialmente competente.
In tutti questi casi è preclusa, all’impresa appaltatrice, affidataria o subappaltatrice, ogni azione esecutiva nei confronti del committente finalizzata al soddisfacimento del credito il cui pagamento è stato sospeso, fino a quando non sia stato eseguito il versamento delle ritenute.
È previsto che, in caso di inottemperanza agli obblighi previsti (controllo e sospensione dei pagamenti), il committente è obbligato al pagamento delle seguenti somme, senza possibilità di compensazione:
- sanzione amministrativa pari al 30% di ogni importo non versato nel caso di violazione per ritardati od omessi versamenti;
- sanzione amministrativa pari al 20% dell’ammontare non trattenuto in caso di violazione, in tutto o in parte, all’obbligo di esecuzione di ritenute alla fonte;
- sanzione amministrativa da euro 100,00 ad euro 500,00 in caso di violazione per incompletezza dei documenti di versamento (per identificazione del soggetto che li esegue e per imputazione della somma versata);
- sanzione amministrativa da euro 100,00, ridotta ad euro 50,00 se il ritardo non è superiore a cinque giorni lavorativi, in caso di violazione per omessa presentazione del modello di versamento contenente i dati relativi all’eseguita compensazione.
La procedura presentata in precedenza può essere disapplicata alleggerendo gli adempimenti burocratici dell’appaltatore e riducendo il rischio del committente qualora le imprese appaltatrici, affidatarie o subappaltatrici siano in grado di fornire una specifica certificazione (“DURC fiscale”), rilasciata dall’Agenzia delle Entrate, attestante la sussistenza, nell’ultimo giorno del mese precedente, dei seguenti requisiti:
- risultino in attività da almeno tre anni, siano in regola con gli obblighi dichiarativi e abbiano eseguito, nel corso dei periodi d’imposta cui si riferiscono le dichiarazioni dei redditi presentate nell’ultimo triennio, complessivi versamenti registrati nel conto fiscale per un importo non inferiore al 10% dei ricavi/compensi risultanti dalle dichiarazioni medesime;
- non abbiano iscrizioni a ruolo, accertamenti esecutivi o avvisi di addebito affidati agli agenti della riscossione relativi a IRPEF, IRES, IRAP, ritenute e contributi previdenziali per importi superiori ad euro 50.000,00, per i quali i termini di pagamento siano scaduti e siano ancora dovuti pagamenti o non siano in essere provvedimenti di sospensione.
Tali disposizioni non si applicano per le somme oggetto di piani di rateazione per i quali non sia intervenuta decadenza.
La certificazione (“DURC fiscale”) avrà una validità di quattro mesi dalla data del rilascio da parte dell’Agenzia delle Entrate ed andrà riscontrata dal committente secondo le modalità contenute in un decreto di prossima emanazione.
L’Agenzia ha chiarito:
- con riferimento al termine triennale, che esso segue quanto previsto dal Provvedimento 12 giugno 2007 riguardante i criteri e le modalità di cessazione della Partita IVA;
- con riferimento all’ammontare dei versamenti sul conto fiscale, che deve superare il 10% dei ricavi o compensi dichiarati nel triennio, che tali versamenti comprendono qualsiasi somma versata con il modello F24, quindi non solo imposte sui redditi e IRAP ma anche IVA, ritenute, contributi, ecc.
La nuova norma trova applicazione con riferimento alle ritenute operate da gennaio 2020 e pertanto con riferimento ai versamenti da eseguire a febbraio 2020; è irrilevante se le ritenute si riferiscano a contratti di appalto stipulati in un momento antecedente al 01 gennaio 2020 (Risoluzione 23 dicembre 2019 n. 108).
Le nuove disposizioni normative stanno riscontrando molte critiche, sia da parte della stampa specializzata che da parte delle stesse imprese, in quanto creeranno maggiori oneri burocratici con dispendio di tempo e di risorse, con il conseguente incremento dei costi.
A tale aggravio amministrativo si associa poi il fatto che la mole di dati da trasmettere al committente consentirà a quest’ultimo di avere preziose indicazioni in merito al costo effettivo sostenuto dall’impresa appaltatrice, affidataria o subappaltatrice, nonché sui margini dalla stessa applicati.
Reverse charge
La nuova lettera a-quinquies dell’articolo 17, comma 6, D.P.R. 633/1972, inserito dall’articolo 4, comma 3, D.L. 124/2019, stabilisce che il reverse charge è esteso alle prestazioni di servizi effettuate tramite contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati, caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attività del committente con l’utilizzo di beni strumentali di proprietà di quest’ultimo o ad esso riconducibili in qualunque forma.
Tuttavia, l’efficacia di tale nuova ipotesi di reverse charge IVA è subordinata al rilascio di un’autorizzazione da parte del Consiglio UE (come previsto dal successivo comma 4 dello stesso articolo 4).
Questa nuova fattispecie di inversione contabile è contenuta nello stesso articolo con cui sono state previste le nuove procedure di gestione delle ritenute relative ai lavoratori dipendenti impiegati nei contratti di appalto (commi 1 e 2), aventi le medesime caratteristiche previste per l’inversione contabile ai fini IVA.
Nell’ambito applicativo delle due disposizioni vi sono le seguenti differenze:
- in primo luogo, la disciplina relativa alle ritenute sui lavoratori dipendenti richiede che l’importo complessivo delle opere o dei servizi affidati all’impresa appaltatrice sia superiore ad euro 200.000 nell’arco di un anno, mentre, ai fini IVA, tale soglia non è prevista, con la conseguenza che l’inversione contabile potrà scattare anche in presenza di importi contrattuali minimi o comunque inferiori alla predetta soglia;
- nel comma 1, ci si riferisce ad imprese che affidano il compimento di opere e servizi tramite contratti di appalto, subappalto e affidamento, mentre, nel comma 3 è previsto che si debba trattare di prestazioni di servizi effettuate tramite i predetti contratti.
Ora, pur essendo previsto, in entrambi i casi, che si debba rientrare nei contratti di appalto, subappalto ed affidamento per il compimento di opere o servizi, ai fini IVA sono da escludersi tutti quei contratti rientranti nella fattispecie di cessioni di beni con posa in opera, poiché, in tali casi, l’operazione è riconducibile alle cessioni di beni (articolo 2, D.P.R. 633/1972) e non alle prestazioni di servizi (articolo 3, D.P.R. 633/1972).
Tale differenza è stata confermata più volte dalla prassi dell’Agenzia delle Entrate, anche con riferimento alle altre fattispecie di inversione contabile previste nel comma 6 dell’articolo 17 del D.P.R. 633/1972.
La precisazione in questione non è contenuta nel comma 1 dello stesso articolo 4, ragion per cui, pur in presenza delle medesime fattispecie contrattuali, vi è da chiedersi se possano rientrare nei nuovi obblighi di controllo da parte del committente (in relazione agli obblighi di versamento delle ritenute) anche quei contratti che, ai fini IVA, non possano ricondursi alle prestazioni di servizi.
Sul punto, in attesa di opportuni chiarimenti da parte dell’Agenzia, si ritiene che, facendo riferimento a contratti di appalto, subappalto, affidamento o “rapporti comunque denominati“, in tale ambito possano rientrare contratti non necessariamente ricadenti nelle prestazioni di servizi, ferma restando la presenza anche degli altri requisiti (prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi del committente ed utilizzo di beni strumentali di proprietà di quest’ultimo).
In tali casi, ai fini IVA, non si rende applicabile l’inversione contabile bensì sarà necessario applicare l’IVA con l’ordinario sistema della rivalsa.
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