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Con la Legge di Bilancio 2020 si è andato a ridefinire una sorta di binomio vino-olio che, a causa della difficile introduzione dell’enoturismo, era andato via via scemando.
Ai sensi del comma 514 della L. 160/2019, si definiscono attività di oleoturismo tutte quelle di conoscenza dell’olio d’oliva, espletate nel luogo di produzione, che consistono:
Così come specificato dall’art. 1, comma 513, della Legge di Bilancio 2020, si estendono, con decorrenza 1° gennaio 2020, alle attività di oleoturismo, le disposizioni precedentemente introdotte con l’articolo 1, commi 502-505, L. 205/2017 (la cd. Legge di Bilancio 2018), per le attività di enoturismo.
Applicandosi le regole dell’enoturismo, l’oleoturismo può essere praticato da tutti i produttori di olio, siano essi imprenditori agricoli o aziende industriali.
Sotto il profilo fiscale, se sussistenti i requisiti soggettivi, a prescindere dalla qualifica di imprenditore agricolo, si rendono applicabili le regole specifiche previste per l’agriturismo.
La disciplina richiamata prevede:
Tale regime di imposizione forfettario non è obbligatorio, infatti l’imprenditore agricolo può optare per il regime ordinario di determinazione del reddito.
Dunque, le imprese agricole che intendono intraprendere l’attività di oleoturismo devono impostare la contabilità separata, sia nel caso in cui per l’attività agricola principale siano in regime speciale, ex art. 34 del D.P.R. 633/72, sia che applichino il regime normale.
Nel caso in cui si tenga la contabilità separata, in base all’art. 36 del Decreto IVA, l’olio eventualmente utilizzato nell’attività di servizi deve essere fatturato, al fine di evidenziare i passaggi interni tra le diverse attività.
L’attività di oleoturismo, al pari dell’enoturismo, deve essere comunicata al Comune di competenza e sarà necessario munirsi della segnalazione certificata di inizio attività (SCIA).
Anche per questa attività, è necessario rispettare le norme igienico-sanitarie vigenti nel nostro ordinamento.