Ad una settimana dal termine per la presentazione delle istanze per richiedere il contributo istituito dall’art. 25 del Decreto Rilancio, migliaia di potenziali beneficiari sono chiamati a districarsi tra decreti, deliberazioni ed ordinanze per comprendere se la loro sede operativa o il loro domicilio fiscale è situato in uno dei Comuni che consentono di richiedere il contributo anche in assenza del requisito del calo di fatturato.
Come precisato dall’Agenzia delle Entrate, sia nella Circolare 15/E del 2020 che nella Circolare 22/E/2020, le uniche possibilità di accedere al contributo a fondo perduto, anche in assenza di un calo del fatturato del mese di aprile 2020 di almeno un terzo rispetto al mese di aprile 2019, sono riservate ai soggetti che:
- hanno iniziato l'attività a partire dal 1° gennaio 2019;
- a far data dall'insorgenza dell'evento calamitoso, hanno il domicilio fiscale o la sede operativa nel territorio di Comuni colpiti da eventi i cui stati di emergenza erano ancora in atto alla data di dichiarazione dello stato di emergenza COVID-19 ossia il 31 gennaio 2020.
Molte imprese, comprese quelle che hanno effettivamente subito un calo della loro attività e del loro fatturato a causa dei provvedimenti disposti per il contenimento della pandemia, solitamente non fatturano alcunché nel mese di aprile. Tale ipotesi è molto comune nel settore agricolo, ove il ricorso alle cessioni a commercianti o conferimenti a cooperative avvengono con prezzo da determinare. Ad esempio, coloro che hanno iniziato nel mese di aprile 2020 il raccolto delle “primizie” non fatturano alcunché in tale mese e lo stesso è avvenuto lo scorso anno.
Non a caso, all’Agenzia delle Entrate era stato chiesto come dovessero comportarsi quei soggetti che non avevano alcun fatturato nel mese di aprile, auspicando di poter considerare un diverso periodo, magari anche più ampio, per poter dimostrare il proprio calo dell’attività. Tuttavia, nei due documenti di prassi emanati dall’Agenzia, è stato ribadito che in presenza di “fatturato a zero” nel mese di aprile 2019 e nel mese di aprile 2020, non si realizza il requisito richiesto per l’ammissione al contributo, pertanto si decade dalla possibilità di richiedere anche l’importo minimo pari a 1.000 euro per le imprese individuali e 2.000 euro negli altri casi.
La complicata ricerca dell’ordinanza
Come già indicato in precedenti informative, la “semplicistica” (ma corretta) indicazione fornita dall’Agenzia delle Entrate “i presidenti delle Regioni, delegati dal Capo della Protezione Civile, hanno emanato apposite ordinanze commissariali che hanno individuato i Comuni interessati dallo stato di emergenza”, si scontra con un’intricata realtà di ordinanze che, in alcune Regioni, non consentono l’individuazione del singolo Comune interessato dall’emergenza. Vi sono infatti delibere che richiamano il territorio provinciale senza elencare i singoli Comuni (come ad esempio in Emilia-Romagna).
Anche Il Consiglio e la Fondazione nazionali dei commercialisti hanno pubblicato sul tema il documento “Contributo a fondo perduto per i Comuni in stato di emergenza”.
Lo studio esamina la disciplina prevista dal comma 4 dell’articolo 25 del D.L. n. 34 del 19 maggio 2020, in materia di contributi a fondo perduto a favore dei contribuenti aventi il domicilio fiscale o la sede operativa nel territorio di Comuni colpiti da eventi calamitosi (sismi, alluvioni o altri eventi naturali avversi).
Lo studio evidenza come la ratio della norma, in relazione alla previsione derogatoria dello “stato di emergenza”, preveda l’individuazione dei Comuni in stato di emergenza e la rilevanza dell’aspetto temporale in merito al domicilio fiscale o alla sede operativa nel Comune in emergenza. Pertanto, visti anche i risvolti penali che possono derivare nei casi di percezione del contributo in tutto o in parte non spettante, suggerisce un’attenta verifica delle ordinanze, al fine della precisa individuazione dei Comuni interessati.
Ora, l’articolo 316-ter del Codice Penale, che regola gli aspetti sanzionatori dell’indebita percezione di contributi pubblici nell’ultimo periodo, precisa che “quando la somma indebitamente percepita è pari o inferiore a euro 3.999,96 si applica soltanto la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro da euro 5.164 a euro 25.822. Tale sanzione non può comunque superare il triplo del beneficio conseguito”.
Tale soglia, non raggiungibile nella sola ipotesi di richiesta del contributo a fondo perduto in assenza di fatturato, attraverso l’eventuale erronea indicazione della condizione legata all’operatività in un Comune in stato di emergenza, potrebbe però essere raggiunta in abbinamento al tax credit locazioni previsto dall’articolo 28 dello stesso Decreto, anch’esso ancorato ad un calo del fatturato. Anche per tale contributo, in sede di conversione in Legge, è stata infatti aggiunta la medesima deroga prevista per il contributo a fondo perduto; pertanto, anche in assenza di un calo del fatturato, potranno richiedere il tax credit locazioni i soggetti che “hanno iniziato l’attività a partire dal 1° gennaio 2019 nonché i soggetti che, a far data dall'insorgenza dell'evento calamitoso, hanno il domicilio fiscale o la sede operativa nel territorio di comuni colpiti dai predetti eventi i cui stati di emergenza erano ancora in atto alla data di dichiarazione dello stato di emergenza da COVID-19”.
Per mettere fine a questo stillicidio, sarebbe opportuno un chiarimento “salomonico” che chiarisca una volta per tutte queste situazioni di incertezza. L’Agenzia potrebbe infatti indicare che sospenderà, fino a puntuale verifica, tutte le istanze che recano l’indicazione che il soggetto risiede in un Comune per il quale era già stato dichiarato, e in atto, lo stato di emergenza alla data del 31 gennaio 2020.
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