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Considerata l’oggettiva difficoltà nel determinare i destinatari nei confronti dei quali è fatto obbligo di emettere fattura con l’indicazione “scissione dei pagamenti” (“Split Payment”), risulta alquanto probabile l’errore di compilazione del documento contabile da parte del fornitore/prestatore, con conseguente applicazione di una corrispondente sanzione amministrativa (da 1.000 a 8.000 euro), prevista dall’articolo 9, comma 1 del D.Lgs. n. 471/1997.
L’operazione dovrà essere regolarizzata attraverso l’emissione di una nota di variazione in diminuzione (articolo 26, comma 3 D.P.R. 633/1972) ed un nuovo documento contabile che esprimerà correttamente l’operazione di scissione dei pagamenti. È data anche facoltà al fornitore di riepilogare, in un’unica nota di variazione, tutte le fatture erroneamente compilate, integrando, di fatto, i documenti con il corretto trattamento IVA. Segnaliamo, inoltre, la corresponsabilità in capo al cessionario/committente laddove lo stesso non provveda ad attivarsi, in caso di errata compilazione della fattura, effettuando il versamento IVA dovuto in base all’articolo 17-ter del D.P.R. 633/1972 e con le modalità previste dal D.M. 23 gennaio 2015 (Risposta ad interpello n. 111 del 18 dicembre 2018 dell’Agenzia delle Entrate).
Con l’articolo 1, comma 629 della Legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Legge di Stabilità 2015), il Legislatore ha introdotto uno speciale sistema di liquidazione IVA, conosciuto come “Split Payment” (scissione dei pagamenti).
Questa particolare forma di liquidazione IVA è disciplinata dall’articolo 17-ter del D.P.R. 633/1972, intitolato “Operazioni effettuate nei confronti di enti pubblici ed altri enti e società”.
L’articolo 1 della sopra citata Legge di Stabilità 2015 ha introdotto l’obbligo per le Pubbliche Amministrazioni che acquistano beni e servizi, qualora non siano soggetti passivi IVA, di versare direttamente all’Erario l’imposta addebitata dai loro fornitori.
Tale obbligo sussiste per qualsiasi tipologia di acquisto rilevante ai fini IVA, eccetto le prestazioni di servizi soggette a ritenuta d’acconto da parte dell’ente pubblico.
Tale procedura troverà applicazione fino al 30 giugno 2023, in quanto la Commissione Europea ha adottato la proposta del Consiglio UE che estende l’autorizzazione al nostro Paese, come misura speciale di deroga a quanto previsto dalla Direttiva 2006/112/CE in materia di IVA.
Come affermato in premessa, può risultare difficoltoso determinare in modo oggettivo i destinatari della particolare modalità operativa, in quanto, nell’arco dei periodi intercorsi, sono stati adottati numerosi provvedimenti correttivi che hanno modificato l’elenco dei soggetti interessati.
Nella nota che segue, cerchiamo di riepilogare quali sono i soggetti a cui si applica lo “Split Payment”.
Dal 1° gennaio 2015:
Dal 1° luglio 2017:
Dal 1° gennaio 2018:
Nel caso un cedente/prestatore debba adottare la particolare procedura prevista dallo “Split Payment”, l’operazione contabile dovrà avere le seguenti caratteristiche:
Consultando il tracciato XML della fattura elettronica “FatturaPA”, si evince che, per emettere una fattura con lo “Split Payment”, occorre inserire il valore “S” nel campo “EsigibilitaIVA” del blocco dati “DatiRiepilogo” del tracciato FatturaPA; in questo caso, bisogna verificare che il campo “Natura” (2.2.2.2) non può valere “N6”. Inoltre, va inserito nel campo “Importo” del blocco dati “DatiPagamento” solo l’imponibile.
L’Amministrazione Finanziaria ha chiarito che il fornitore deve “regolarizzare” l’operazione emettendo una nota di variazione in diminuzione, ai sensi dell’articolo 26, comma 3 del D.P.R. 633/1972 (“a storno” della fattura precedente) e un nuovo documento contabile corretto. È anche ammessa l’emissione di un’unica nota di variazione che, riferendosi puntualmente a tutte le fatture emesse erroneamente, le integri per segnalare al cessionario/committente il corretto trattamento IVA (Circolare n. 27/E dell’Agenzia delle Entrate del 7 novembre 2017 - paragrafo 10).
In entrambi i casi, tuttavia, sembrerebbe comunque applicabile il regime sanzionatorio di cui all’art. 9 comma 1 del D.Lgs. 471/1997. Sebbene questo aspetto non sia stato esplicitato nella Circolare n. 27/2017, in tale sede, l’Agenzia delle Entrate ha adottato il termine “regolarizzare” virgolettato, lasciando intendere che la sanzionabilità della violazione non verrebbe meno con l’emissione della nota di variazione.
Per quanto riguarda il cessionario/committente, la sua corresponsabilità è sancita dall’articolo 1, comma 2 del D.M. 23 gennaio 2015, pertanto, lo stesso sarà tenuto a effettuare il versamento dell’imposta dovuta ai sensi dell’articolo 17-ter del D.P.R. 633/1972. In caso di omesso o ritardato versamento dell’IVA, il cessionario/committente sarà soggetto alla sanzione amministrativa di cui all’articolo 13 del D.Lgs. 471/1997, pari al 30% di ogni importo non versato o versato tardivamente.
È ammessa la riduzione prevista dall’art. 13 comma 1 del D.Lgs. 471/1997, tale per cui la sanzione è pari:
Resta ferma anche l’applicabilità del “ravvedimento operoso” ai sensi dell’articolo 13 del D.Lgs. 472/1997.
Logicamente, nel caso il fornitore non provveda a emettere la nota di variazione per la fattura erroneamente emessa senza applicazione dello “Split Payment”, salva la responsabilità di tale soggetto, il cessionario/committente è tenuto a regolarizzare l’operazione in ossequio all’articolo 6, comma 8 lett. b) e comma 9 del D.Lgs. 471/1997, emettendo un documento integrativo della fattura irregolare ricevuta. Infatti, ricorrendo tale fattispecie, il cessionario/committente dovrà trasmettere, tramite il Sistema di Interscambio, un documento integrativo della fattura irregolare (con codice “TD20”) entro trenta giorni dalla registrazione della fattura ricevuta, previo versamento dell’IVA dovuta. La mancata regolarizzazione, per la quale sarà pur sempre possibile avvalersi del “ravvedimento operoso”, è punita con la sanzione amministrativa pari al 100% dell’imposta, con un minimo di 250 euro.
A seguito della Risposta all’interpello n. 111 del 18 dicembre 2018, non appare più possibile applicare la semplificazione che consentiva di non procedere alla regolarizzazione, con conseguente emissione di una nota di variazione, nel caso in cui il cessionario/committente avesse provveduto a pagare l’IVA al fornitore. Tale fattispecie, seppure irregolare, consentiva al fornitore di computare l’imposta in sede di liquidazione periodica e, di fatto, l’IVA risultava assolta. Secondo quanto specificato dalla stessa Agenzia delle Entrate, tale possibilità era ammessa soltanto con riguardo ai comportamenti posti in essere anteriormente ai chiarimenti forniti dai documenti di prassi citati (CC.MM. 1/E/2015, 15/E/2015 e 27/E/2017).