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In mancanza di una regolamentazione specifica, l’eventuale cessione a terzi di titoli rappresentativi di anidride carbonica (VERs), da parte di un’impresa agricola, non è riconducibile ad un’attività agricola connessa, pertanto la relativa commercializzazione genera sempre reddito d’impresa.
Nella Risposta n. 365 del 16 settembre 2020, l’Agenzia delle Entrate ha fornito indicazioni su un tema che potrebbe essere di particolare interesse anche per le imprese agricole e forestali, ossia, il mercato dei titoli rappresentativi di crediti di emissione di CO2.
Nel caso di specie, la società agricola istante ha richiesto il corretto inquadramento fiscale della cessione di quote di emissione di anidride carbonica (VERs), pur nella consapevolezza che ad oggi nel nostro Paese non esiste una forma di mercato volontario, regolamentato a livello istituzionale.
In base al protocollo di Kyoto, i Paesi sottoscrittori dell’Accordo si sono impegnati a ridurre le emissioni di gas climalteranti (GHG - GreenHouse Gases), tra i quali vi è appunto l’anidride carbonica (CO2).
L’accordo prevedeva anche la possibilità di introdurre meccanismi di flessibilità, attraverso i quali realizzare interventi di contrasto alle emissioni di gas serra anche attraverso l’acquisto da parte dei “produttori eccedentari” di crediti di carbonio da altri soggetti virtuosi.
Secondo l’istante, la cessione dei suddetti crediti di carbonio dovrebbe essere equiparata alla cessione dei certificati bianchi (o verdi) nel settore della produzione di “energia pulita”, a mezzo impianti agricoli, dato che l’impianto basato sulla coltivazione di piante avrà la funzione di sequestrare quote di CO2 dall’atmosfera.
In base ad uno studio affidato ad uno spin off universitario, la società agricola intende validare un algoritmo in grado di stimare la quantità di quote di CO2 sequestrabili annualmente dalle proprie coltivazioni. La cessione di tali quote di emissione (VERs) consente all’acquirente il diritto di emettere una tonnellata di biossido di carbonio per un determinato periodo, al fine di rispettare le diposizioni della Direttiva 2003/87/CE.
Secondo la società agricola, la cessione dei suddetti titoli poteva essere qualificata:
La tesi della società agricola si fondava sul fatto che entrambe le citate disposizioni riguardano le attività di fornitura di servizi di cui al terzo comma dell’articolo 2135 del Codice Civile in cui è precisato che “si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata”.
Nel caso in esame, quindi, le quote di emissione eventualmente cedute sarebbero appunto originate dalla diretta coltivazione dei vegetali (“risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata”).
L’Agenzia delle Entrate ha fornito il proprio parere nella presunzione che l’attività descritta sia svolta legittimamente dell’istante, nonostante a tutt’oggi la stessa non sia regolamentata e che attualmente gli assorbimenti forestali di CO2 siano contabilizzati direttamente dallo Stato, nell’ambito del bilancio nazionale delle Emissioni, nel Registro Nazionale di cui dal D.M. 1° aprile 2018.
In mancanza di una norma che qualifichi l’operazione di cessione delle c.d. VERs (quote di emissione) connessa a quella agricola, secondo l’Agenzia delle Entrate, la stessa risulta carente del legame di connessione con il fondo.
L’Agenzia ha quindi fatto esplicito riferimento alla norma[1] con cui il legislatore ha stabilito che la prodizione di energia elettrica da impianti fotovoltaici è considerata attività agricola connessa, ai sensi terzo comma dell’articolo 2135 c.c., e produttiva di reddito agrario entro il limite di 260.000 Kwh. Oltre tale limite, tale attività è produttiva di reddito d’impresa nella misura del 25%, nel caso siano rispettati di alcuni ulteriori requisiti, in mancanza dei quali risulta tassabile nei modi ordinari.
Analogamente a quanto avvenuto nel caso di produzione di energia fotovoltaica, secondo l’Agenzia, anche la cessione delle VERs, per essere considerata attività connessa, dovrà essere oggetto di uno specifico intervento del Legislatore.
Pertanto, allo stato attuale, la cessione di crediti di carbonio (qualora possa essere lecitamente effettuata) rappresenta un reddito d’impresa che concorre alla formazione del reddito ai sensi dell’articolo 85 del TUIR, sia nell’ipotesi di società agricole che determinano naturalmente redditi d’impresa (Snc, Sas, Srl), sia nell’ipotesi di opzione per la determinazione del reddito su base catastale (opzione ai sensi del comma 1093, art. 1, L.296/2006).
Tali redditi, mancando del requisito di connessione previsto dal terzo comma dell’articolo 2135, non possono essere riconducibili al reddito agrario (art. 32 TUIR) e risultano esclusi anche dalla determinazione forfettaria prevista dal terzo comma dell’articolo 56-bis del TUIR. Quindi, anche nell’ipotesi in cui i redditi derivanti dalla cessione di VERs siano prodotti da imprese agricole individuali o società agricole di persone, il reddito dovrà essere determinato analiticamente.
Anche ai fini IVA, la mancanza di una disposizione che consenta di far rientrare specificamente questa attività tra quelle agricole per connessione, non trova applicazione l’articolo 34-bis del Decreto IVA. Pertanto, in caso di cessione dei suddetti diritti immateriali (VERs), trova applicazione il regime ordinario di determinazione dell’imposta, che, nell’ipotesi di cessioni ad operatori italiani, prevede l’applicazione del reverse charge.
Autorevoli autori[2] hanno rilevato come, in passato, i redditi derivanti dalla cessione di alcune fattispecie di diritti immateriali (quote latte, titoli PAC) erano stati ritenuti non fiscalmente rilevanti, in quanto gli stessi erano assorbiti nel reddito agrario.
Tuttavia, per un eventuale inquadramento nell’ambito della fiscalità agricola di queste particolari operazioni, occorrerà attendere l’intervento del Legislatore.
[1] Art. 1, comma 910 della Legge 28 dicembre 2018, n. 208.
[2] Gian Paolo Tosoni - Francesco Preziosi (Agricoltura e Fisco edito dal Sole24Ore)